Reggina: contro l'Akragas come se fosse la Juventus

Allenamento Reggina nuovadi Paolo Ficara - Mattina di sabato 6 novembre 2004. La Reggina sta eseguendo un risveglio muscolare, nelle ore che precedono la sfida interna con la Juventus, valida per il 10° turno della Serie A 2004/05. Si viene da un periodo molto complicato, "certificato" dalla bruciante sconfitta nel primo derby dello Stretto disputato in massima serie.

Sul campo n.1 del Sant'Agata arriva Lillo Foti, chiedendo di poter parlare alla squadra. Tutti riuniti, o per meglio dire stipati nella panchina a bordo campo. In disparte l'allenatore, Walter Mazzarri. Monologo di pochi minuti da parte del presidente. Non serve riportare le parole esatte di quella mattina, per capire che effetto abbiano potuto scaturire.

Li incenerì con lo sguardo.

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Ovviamente tali mosse non possono funzionare sempre, a prescindere. Altrimenti saremmo ancora in Serie A. Quel confronto si rivelò utile in quel momento storico. Con quei calciatori. E col successivo lavoro di un tecnico, abile a sopperire alle assenze per squalifica di Mesto e Mozart. Una partita impressa nelle menti per la carica agonistica di Soviero, per la punizione di Zamboni, per il gol "nobile" di Colucci. Per le testate giornalistiche nazionali, invece, produrrà sempre il meno romantico ricordo di Paparesta chiuso nello spogliatoio da Moggi.

I calciatori dell'attuale Reggina, in gran parte, all'epoca non erano nemmeno adolescenti. Le cuffie nelle orecchie e lo smartphone in mano, crediamo ce li abbiano anche i loro colleghi coetanei che giocano a Monopoli, ad Andria, o in tutte le altre piazze dei tre gironi di Lega Pro che navigano in acque tranquille. I nostri hanno meno punti. Bisogna capire se il problema è il loro, o di chi li gestisce. Un'idea ce la siamo fatta.

Non conosciamo il contenuto dei vari dialoghi tenuti da Praticò, Martino o Zeman con la squadra, da metà ottobre ad oggi. Sappiamo solo che non hanno avuto effetto. Almeno, non positivo. E dubitiamo possano avercelo anche le esternazioni pubbliche. Specie l'ultima, in cui il tecnico si augurava di non rivedere più determinati calciatori al Sant'Agata, alla ripresa degli allenamenti dopo la sosta. La speranza è che il sentimento non sia ricambiato, dato che l'organico non ha subito alcuna modifica import/export.

Se i calciatori si dovessero guardare attorno, poco prima del fischio d'inizio di Reggina-Akragas, cercheranno qualche componente che gli dia forza e fiducia. E gli è rimasto solo il pubblico. In un periodo in cui si parla di altro, come calciomercato o aumento di capitale, è importante ricordarsi che siamo inguaiati in classifica. In Lega Pro. E che se non si vince nemmeno sabato, contro un teorico agnello sacrificale intento solo a ritardare il fallimento societario, si rischia di non uscire più dal tunnel.

Solo il pubblico può essere la forza dei calciatori. Ma i calciatori si ricordino di essere, a loro volta, la forza del pubblico. L'Akragas non è la squadra rassegnata al proprio destino, dedita ormai alla svendita dei suoi pochi calciatori di valore e nulla più. L'Akragas, sabato, sarà la Juventus. E quelli afflitti da problemi, non economici ma psicotecnici, siamo noi. Da mesi. Fateci ricordare cos'è la Reggina.

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