A Reggina è n'autra cosa

regginatsdi Paolo Ficara - Chi lascia la vecchia per la nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova. Chi almeno una volta nella vita si è recato presso lo stadio oggi intitolato ad Oreste Granillo, nella stragrande maggioranza dei casi, sarà stato accompagnato da un congiunto in infanzia o in adolescenza. I nostri nonni o padri ci hanno preso per mano per mostrarci ciò di cui, in quel determinato momento, andavano orgogliosi. La Reggina di Maestrelli, o di Scala, o di Zoratti, o di Gustinetti.

Squadre vincenti, che hanno fatto scoprire la Reggina a diverse generazioni di tifosi. È servito un percorso di 85 anni, diventati poi 100, per portare quella che era la stella di una città a diventare l'emblema di tutti i reggini sparsi per il mondo. La partecipazione aumenta quando si lotta per mettere sotto tutti gli altri, a prescindere dalla categoria. Forse ancora oggi la si dovrebbe vivere come rivalsa sociale.

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Il dramma degli ultimi tre anni non è quello di aver dissipato, ormai nella quasi totalità, quel livello di passione ed attaccamento creato nei precedenti 100. Ma la difficoltà nell'intravedere una prospettiva che consenta di coinvolgere le nuove generazioni. Chi oggi è padre o nonno di un bambino, non sappiamo quanta voglia abbia di portarlo allo stadio a fargli scoprire una maglia gloriosa. Se pensate che d'improvviso riconosciamo come Reggina quella che attualmente gioca in C, vi rammentiamo che stanno ancora usando le magliette dell'anno scorso.

Oggi ci sono i guai di una srl in pubblica piazza. Bene ha fatto il socio Polimeno a rispondere per le rime. Non si possono incassare in eterno i continui tentativi di sputtanamento altrui. Rivolti a controparti, alleati e/o nemici immaginari di turno. Unico sistema per apparire vittima. E che torna di continuo utile, per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica da ciò che abbiamo scritto fino a qualche rigo fa: l'inadeguatezza nell'allestire una squadra che vada ben oltre la salvezza in C. Se si arriva a rinfacciare persino le 50 euro spese oltre il dovuto, significa che la misura è colma. Ciò che ne resta però da questi botta e risposta, con estrema franchezza e col massimo rispetto verso tutti protagonisti, è un clima da società (e quindi squadra) di paesello.

La Reggina, se permettete, è un'altra cosa.

Se l'assemblea dei soci in programma lunedì non partorirà alcuna intesa, circa il ripianamento delle perdite e la spartizione delle quote, a nostro avviso da modesti cronisti resta una sola strada: portare i libri in tribunale. E forse sarebbe anche l'unica maniera per prendere due piccioni con una fava. Conservare il titolo sportivo e riunirlo alle spoglie della Reggina Calcio, risolvendo in un colpo solo il cul-de-sac societario e l'inaccettabile problema d'identità.

Se l'intenzione di tutti i generosi soggetti presentatisi a luglio 2015 dal sindaco era quella di regalare gioie alla piazza, tra qualche ora potranno solo guardarsi in faccia ed ammettere che oltre ai soldi rischiano di rimetterci anche la credibilità. La macchina non ha mai raggiunto la velocità auspicata. Il motore si è inceppato nel momento in cui Mariotto è uscito dallo stanzone, cioè dopo pochi giorni. Si è camminato per troppo tempo a spinta. Questi continui tentativi di riaccensione sono giustificabili solo se poi ci si può permettere la benzina. Altrimenti, dato che la "nuova" ci ha deluso, conviene tornare dallo sfasciacarrozze in cui abbiamo lasciato la "vecchia". Se non c'è la capacità politica di attirare qualche grosso investitore come avvenuto a Bari, in questi casi, si va sull'usato sicuro.