Cosenza, Bianca Rende: “Asili nido? Perché non attivare nuovi poli come vecchia scuola Rita Pisani di Serra Spiga

"Suscita stupore come nonostante le sollecitazioni avanzate in questi due anni, anche l'ultimo bando per l'ammissione agli asili nido comunali risulti frutto di una visione miope e poco attenta delle politiche per la prima infanzia – esordisce Bianca Rende, consigliera comunale Dem. La prima cosa che salta agli occhi è l'esiguità dei posti disponibili: solo 129 per una città di circa 67.000 abitanti. Numeri irrisori rispetto ai target europei che suggeriscono una presa in carico per i bambini da 0 a 3 anni pari al 33%, in una Calabria inchiodata al 2,1%e ben lontana dal 26,8 dell'Emilia Romagna. Numeri che mantengono Cosenza a posizioni in classifica da terzo mondo e comprimono la dotazione occupazionale nelle strutture interessate. E'paradossale, in questo quadro, che il bando proposto dal Comune di Cosenza per il prossimo anno scolastico,predisponga livelli di servizio ancora più insufficienti rispetto a quelli degli anni precedenti – commenta Bianca Rende.

"Altro elemento critico – riprende - è relativo al costo, assolutamente elevato della retta per l'iscrizione dal momento che le famiglie che rientrano nel cosiddetto "ceto medio" arrivano a pagare anche 250 euro al mese per mezza giornata e più di 300 euro per l'intera giornata, per compensare le esenzioni. Ma sono questi costi che una giovane famiglia, con tutte le altre spese, può sostenere?

Di fronte a queste cifre è chiaro che il sistema pubblico è poco competitivo con quello privato e le strutture pubbliche finiscono per essere scelte prioritariamente dagli esenti o dalle classi di reddito più basse. Così facendo, i progetti di inclusione e le politiche di integrazione, rischiano di rimanere fuori dalle aule.

Il problema, si dice, sono sempre le risorse (per i servizi essenziali). Ma quali iniziative sta perseguendo l'amministrazione comunale di Cosenza per ottenere il riparto dei fondi previsti dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n° 65, attuativo della legge 107/2015?

In base ad esso, i servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta, in convenzione con soggetti o enti privati. Tra le principali previsioni del decreto, vi sono l'abbassamento dei costi a carico delle famiglie e la maggior diffusione di nidi pubblici e privati sul territorio. Infatti, per il primo anno di attuazione sono stati già stanziati 209 milioni (saranno 239 milioni a regime), i cui criteri di riparto hanno avuto il via libera in Conferenza Unificata nel novembre scorso e saranno assegnati agli Enti Locali.

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Il Miur provvederà all'erogazione delle risorse del Fondo direttamente ai Comuni, previa apposita programmazione regionale. Nell'ambito della programmazione regionale, sarà riconosciuta priorità per i Comuni privi o carenti di scuole dell'infanzia statale.

Con il decreto legislativo n° 65, in pratica, e per la prima volta, viene presa in seria considerazione la possibilità di integrare e uniformare gli interventi normativi per la fascia dell'istruzione definita «non obbligatoria» e considerata anche dalla legislazione fascia di «servizio a domanda individuale».

Il profilo «sociale» ed istituzionale del decreto legislativo n.65 parte dal presupposto che una rete estesa di strutture educative per l'infanzia sia garanzia di coesione sociale e di supporto alle famiglie, con la convinzione che in questa fascia di età si sondino le potenzialità di ogni bambino, si possano contrastare condizionamenti sociali e culturali negativi, le vecchie e nuove forme di povertà.

Il documento richiama l'idea di una cittadinanza europea solidale, inclusiva, che guarda alla coesione sociale, all'integrazione culturale, alle pari opportunità in cui il ruolo dell'educazione e cura dei bambini è determinante. La scuola, a livello antropologico e sociologico, è la più efficiente palestra dell'integrazione inclusiva e della preparazione alla vita. Il nido, invece, rappresenta un diritto all'educazione. Che, deve essere garantita. A tutti.

Ancora una volta, l'amministrazione comunale, dimostra di non interessarsi alle reali bisogni delle famiglie e di non raccogliere i suggerimenti formulati dalle competenti commissioni consiliari e dai consiglieri della città. Ancora una volta, - conclude Bianca Rende - le condizioni di difficoltà economica in cui versano centinaia di famiglie cosentine passano in secondo piano. Di qui la proposta: "perché non aumentare il numero dei posti disponibilie calmierare le rette, visto che il decreto prevede l'attivazione di nuovi poli, ad esempio riattivando strutture già esistenti e tristemente abbandonate come la scuola "Rita Pisani" di Serra Spiga?".