“Al Cara di Isola Capo Rizzuto è stata la politica a cercare la 'ndrangheta”

Bindi Roberti AnsaAl Cara di Isola Capo Rizzuto "è stata la politica a cercare la 'ndrangheta, addirittura un' associazione di stampo religioso, la Misericordia. E forse, se la prefettura avesse fatto quel che doveva, non ci sarebbe stato bisogno dell'intervento della procura". Lo ha detto la presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, chiudendo i lavori per la presentazione della Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Oggi all'iniziativa, in Senato, erano presenti, tra gli altri, il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi, il commissario antiracket Domenico Cuttaia, il capo del Dap, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Santi Consolo, il procuratore generale aggiunto della Corte di Cassazione Vincenzo Geraci, oltre a numerosi componenti della Commissione parlamentare Antimafia.

 

Le mafie in Lombardia e, in particolare, la 'ndrangheta riescono anche ad ottenere "una sorta di 'consenso sociale' presentandosi all'esterno come soggetto in grado di offrire lavoro, risorsa oggi particolarmente apprezzata". Lo si legge nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e nello specifico nella parte dedicata al 'distretto di Milano' e alle inchieste più recenti dei magistrati della Dda milanese, guidati da Ilda Bocassini. Purtroppo, si legge nel capitolo redatto dal consigliere della Dna Maurizio Romanelli, "l'infiltrazione della 'ndrangheta nei settori imprenditoriali" oltre a rappresentare "una fonte di guadagno immediato, e ad alimentare così la realizzazione di ulteriori attività criminali, crea fortissimi danni al mercato legale". Le imprese infiltrate dai clan trovano il loro vantaggio "nell'utilizzazione di materiali scadenti, nell' esecuzione dei lavori secondo standard molto lontani dalla regolarità, nello sfruttamento della manodopera". E proprio attraverso queste imprese la mafia si presenta "come soggetto in grado di offrire lavoro". Favorita dalla crisi economica "perdurante ormai da vari anni, e dalla conseguente restrizione del credito bancario, la 'ndrangheta riesce a porsi come interlocutore privilegiato degli imprenditori in cerca di linee di credito non convenzionali". Riguardo al "condizionamento politico-istituzionale", inoltre, "l'infiltrazione della 'ndrangheta si esplica nel tentativo di acquisire appalti, nell'avvicinamento di funzionari da corrompere e nel sostegno elettorale". In Lombardia, poi, nel frattempo anche le altre "organizzazioni mafiose italiane, nonché i sodalizi stranieri, hanno trovato i loro spazi in forza di una sorta di 'patto criminale'".

La collaborazione di giustizia avviata da Giuseppe Giglio, imprenditore arrestato nell'ambito dell'inchiesta di 'Ndrangheta 'Aemilia' e condannato in primo grado a 12 anni e sei mesi, rappresenta uno "straordinario grimaldello nella disponibilità della Dda di Bologna". Così la definisce la relazione della Direzione nazionale antimafia, nella parte dedicata al distretto emiliano-romagnolo. "Sebbene non ancora pienamente valorizzato e valutato nella sua reale portata probatoria", nella relazione si evidenzia che le dichiarazioni del pentito hanno "consentito di allargare a contesti insospettabili ed insospettati il livello della collusione fra imprese, politica e 'Ndrangheta in territori diversi da quelli di origine e di maggiore radicamento della organizzazione calabrese". Dunque, si legge nel capitolo curato dal consigliere Cesare Sirignano, da Giglio arriva "un bagaglio di conoscenze di grande rilievo formatosi nel tempo ed acquisito direttamente da uno dei perni dell'azione di reimpiego di capitali provenienti da altre cosche calabresi". Nella relazione si sottolinea inoltre il forte impatto dell'operazione 'Aemilia' e i primi risultati ottenuti: ad aprile 2016 sono state 58 le condanne in abbreviato, mentre è in corso il dibattimento a Reggio Emilia per altri 150. Proprio la sentenza del Gup Francesca Zavaglia, dove si evidenzia il 'salto di qualità' della 'Ndrangheta emiliana, è definita "pietra miliare per i successivi approcci investigativi e processuali". Tra gli elementi di rilievo si ricorda, inoltre, lo scioglimento del Comune di Brescello, il primo caso in regione. E se la 'Ndrangheta è la criminalità verso cui si è rivolta la maggiore attenzione investigativa nel territorio emiliano-romagnolo, lo si deve da un lato proprio agli esiti di Aemilia, dall'altro all'indebolimento, registrato nell'ultimo periodo, della Camorra e in particolare dei Casalesi. La sua incidenza, infatti, "si è notevolmente ridotta, risentendo dei duri colpi inferti nei territori campani dalla incisiva azione giudiziaria della Dda di Napoli e dello sbandamento provocato dall'arresto di tutti i latitanti".

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La 'ndrangheta in Liguria è riuscita a infiltrarsi anche nei gangli vitali della società "creando occasioni di illecito arricchimento in un territorio attanagliato da una grave crisi economica e sociale". Tanto da arrivare a coinvolgere i "lavoratori portuali fino a pochi anni fa vero e proprio argine al degrado". E quanto si legge nel capitolo dedicato alla Liguria della relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. Il porto di Genova "si è progressivamente trasformato nel luogo in cui i traffici e gli affari illeciti si sviluppano e si moltiplicano. E in tale contesto si è registrato anche il coinvolgimento dei lavoratori portuali. Appartenenti a organizzazioni sindacali e lavorative, molto forti e rappresentative, permeate da una coscienza non solo sindacale e ideologica ma anche civile da sempre in grado di neutralizzare il diffondersi di comportamenti di malaffare, hanno scelto di porsi al servizio della 'ndrangheta, dando vita a una preoccupante inversione di tendenza". Il fenomeno criminale in Liguria però non è solo traffico di stupefacenti. "L'organizzazione calabrese ha adottato la medesima collaudata strategia volta a acquisire il controllo di attività produttive, a condizionare la libertà delle scelte della pubblica amministrazione". Una realtà emersa grazie alle inchieste sul Terzo valico da parte del Cociv o quelle sulla gestione e smaltimento di rifiuti. Nella relazione non manca una stoccata ai magistrati liguri. "I risultati sul piano processuale, altalenanti e non sempre ritenuti soddisfacenti per l'ufficio requirente, riflettono la non piena consapevolezza anche da parte della giurisdizione operante in Liguria, della gravità del fenomeno e della sua concreta pericolosità".

 

(Foto Ansa)