"Aemilia", difesa Lomonaco: "Estorsore? Aiutò debitori"

Il suo difensore Gianluca Tirelli lo definisce "l'innominato" perche' in quasi tre anni di processo Aemilia e' stato menzionato una sola volta da un testimone. A coinvolgere Francesco Lomonaco- con le accuse di usura, estorsione e associazione mafiosa- nella maxi inchiesta di Reggio Emilia contro la 'ndrangheta del 2015 sono infatti state solo le intercettazioni telefoniche. Ma anche sulle conversazioni captate dagli investigatori "l'interpretazione della Procura e' parziale e fatta con assoluta confusione". Tirelli ha impostato cosi' questa mattina in tribunale l'arringa difensiva per il suo assistito, che in concorso con il capo del sodalizio in Emilia, Nicolino Sarcone, avrebbe minacciato dei debitori per rientrare delle somme che aveva loro prestato. La smentita pero', spiega l'avvocato, arriva dalle stesse intercettazioni messe agli atti dall'accusa, da cui si evince che la "responsabilita'" del prestito, cosi' come le condotte illecite, sarebbero da ricondurre solo a Sarcone. Mentre Lomonaco, in realta', fece da mediatore per prorogare i termini della restituzione del debito e chiamo' perfino alcune delle vittime per metterle sull'avviso. Al punto che queste alla fine lo ringraziarono: "Se non ci fossi stato tu sarei morto", ha detto una di loro a Lomonaco. "Insomma erano cosi' intimorite dal comportamento minaccioso del loro estorsore che alla fine lo ringraziano pure", sottolinea il legale.

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Tirelli annota inoltre "che nel capo di imputazione e' descritta la condotta di Sarcone ma non quella di Lomonaco a cui si attribuisce l'estorsione prima a settembre e poi a giugno, tre mesi prima". Tutto da dimostrare inoltre che la somma di cui si chiedeva la restituzione fosse per un prestito usurario, dal momento che "c'e' totale mancanza di prova sul fatto che siano stati chiesti interessi illeciti". Facendo sempre riferimento alle intercettazioni, infine, l'avvocato smonta la tesi che siano state proferite minacce. "In caso contrario vengo da te", ha detto l'imputato ad uno dei debitori. "Questa non e' nemmeno una minaccia- chiosa la difesa- figuriamoci se di stampo mafioso". In conclusione Tirelli, contro la richiesta di pena a 20 anni dell'accusa, chiede l'assoluzione per il suo assistito da tutti i capi di imputazione perche'- scandisce- "il fatto non sussiste". (Cai/ Dire)