Il controllo di Paolo Romeo e Giorgio De Stefano su elezioni e politici

destefanogiorgio avvocato recente 500di Angela Panzera - "Gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo rappresentano il punto di collegamento fra mondi riservati, quale quello massonico e quello mafioso". A scrivere così sono i giudici del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, Natina Pratticò presidente con a latere i togati Angela Giunta (Estensore) e Maria Rosaria Savaglio, nelle motivazioni con cui lo scorso 16 agosto hanno confermato il carcere per uno dei principali indagati della maxi inchiesta "Mammasantissima". De Stefano è ritenuto dal pm antimafia Giuseppe Lombardo, uno dei "capi" della cupola masso-mafiosa che governerebbe il mandamento reggino, insieme al senatore Antonio Caridi, all'avvocato Paolo Romeo e a Francesco Chirico, tutti coinvolti e arrestati nell'inchiesta condotta dai carabinieri reggini il 15 luglio scorso. Se per Sarra il Riesame ha leggermente modificato il quadro accusatorio, "relegandolo" ad un affiliato alle cosche e non a uno dei vertici della stessa, per De Stefano il Tdl sposa in pieno l'impianto accusatorio confermando il carcere nei suoi confronti. Nei giorni scorsi sono state depositate le motivazioni del provvedimento, che consta di 200 pagine, e ciò che emerge e che le due figure dei legali sono da analizzare insieme tanto che più volte i giudici delineano insieme le loro figure.

"Gli elementi di prova- è scritto nelle motivazioni-à consentono di concludere che gli che gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo sono realmente sovraordinati rispetto alla 'ndrangheta operativa con la quale interagiscono. Il Collegio rileva che se l'attività politica svolta inizialmente in prima persona è stata funzionale agli interessi della ''ndrangheta di vertice di conseguire l'obiettivo della piena autonomia operativa, nei termini descritti dai collaboratori di giustizia, l'insorgere delle problematiche giudiziarie ha imposto loro, nell'intento di mantenere e anzi, di rafforzare tale ruolo, di ricorre a personaggi nuovi e puliti, ma disponibili ad operare nella direzione strategica individuata da De Stefano e dal Romeo affinché gli interessi della 'ndrangheta potessero trovare concretizzazione mediante e propria infiltrazione degli enti di rango costituzionale , tanto locali che nazionali".

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Il Riesame non usa mezzi termini. De Stefano e Romeo "hanno gestito la vita pubblica di questa città e della sua provincia". A finire sotto la lente degli inquirenti sono state infatti, le elezioni comunali del 2002 e 2007 che vedranno trionfare Giuseppe Scopelliti, che poi deciderà di lasciare Palazzo San Giorgio per sedersi alla presidenza della Regione Calabria fino a quando la condanna in primo grado a 6 anni di carcere, rimediata all'esito del primo grado del cosiddetto "Caso Fallara", non lo obbligherà a dimettersi e a uscire, a "causa" della legge Severino, dalla scena politica.

"Le conversazioni captate- scrivono i giudici- pur attestando il diverso approccio di Giorgio De Stefano rispetto a Romeo nei confronti della politica consentono di collocare entrambi in un livello criminale che non può che essere superiore, di tipo strategico. Gli stessi infatti, sono riusciti nel corso degli anni a controllare l'esito di intere tornate elettorali e dunque, le compagini politiche che erano destinate ad affermarsi. È chiaro che ciò rappresenta il frutto di una precisa strategia politica (scelta dei candidati, formazione delle liste e creazione delle alleanze) rispetto alla quale i voti riconducibili alla 'ndrangheta, da raccogliere a cura dei singoli candidati, hanno incidenza minore, in quanto occorrono nella prospettiva espressa dallo stesso Giorgio De Stefano, patti di più ampio respiro da asservire, poi, alle esigenze della 'ndrangheta stesa. Del medesimo avviso è Paolo Romeo, nelle cui mani i soggetti politici a cui carico si procede divengono strumento di potere".

Per i giudici del Risame non ci sono dubbi. C'è stato l' "intervento di Paolo Romeo e Giorgio De Stefano in ogni competizione elettorale. Intervento che non si è rivelato di volta in volta estemporaneo, inquadrandosi invece, nell'ambito di una più ampia visione strategica che è stata avviata nel 2002 e che, nonostante le alterne vicende dovute allo stato di detenzione da questi ultimi, subito, ha continuato ad essere perseguita. Il collegio sottolinea come gli elementi indiziari attestino la capacità di Giorgio De Stefano e Paolo Romeo di condizionare gli ambienti politici di interesse (...) Ad avviso del collegio gli elementi indiziari attestano che Giorgio De Stefano e Paolo Romeo sono i promotori, dirigenti e organizzatori della componente "riservata" della 'ndrangheta, forti del ruolo ereditato dopo la morte di Giorgio e di Paolo De Stefano, in relazione alla specifica articolazione operativa della 'ndrangheta reggina identificabile con la cosca De Stefano di Archi, componente di vertice del "Crimine" di Archi e quindi del "mandamento" di centro. Ad avviso del Collegio la posizione apicale del De Stefano emerge non solo in relazione alla cosca De Stefano quanto, soprattutto in relazione all'intera 'ndrangheta reggina.

In definitiva per il Riesame "deve ritenersi confermato il suo attuale ruolo di componente apicale della direzione strategia della 'ndrangheta chiamata ad operare ad un livello superiore rispetto alle sue singole articolazioni territoriali e a intervenire in situazioni in grado di coinvolgere interessi criminali più elevati".