Giro di estorsioni dei Paviglianiti nell'Area Grecanica: il racconto delle vittime

carabinieri arresto500di Angela Panzera - Fatta eccezione per Salvatore Polimeni, che rimane in carcere su ordine del giudice di Tivoli, è attesa per oggi la decisione del gip di Reggio Calabria, Domenico Santoro, chiamato a decidere se convalidare o meno il fermo emesso giovedì scorso dalla Dda reggina. Il provvedimento, che ha portato all'operazione "Nexsum" condotta dai Carabinieri del comando provinciale e da quelli della compagnia di Melito Porto Salvo, diretta dal capitano Gianluca Piccione, ha fatto finire in galera cinque persone, ritenute vicino alla cosca Paviglianiti, attiva a San Lorenzo e Bagaladi. Le accuse mosse ai fermati sono, a vario titolo, quelle di associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata e consumata, aggravate dalle modalità mafiose. Oltre a Polimeni si tratta di Natale Paviglianiti, Natale David Paviglianiti, Francesco Leone alias "nano" e Angelo Fortunato Chinnì. Stamani comparirà dinnanzi al gip di Como, Natale Paviglianiti, difeso dal legale Tonino Curatola. Per lui la decisione dell'autorità giudiziaria arriverà entro due giorni, mentre per gli altri indagati, interrogati ieri dal gip Santoro con ogni probabilità sarà nota oggi. Ieri infatti, si è celebrato l'interrogatorio di convalida effettuato alla presenza anche del pm Antonella Crisafulli, che ha emesso il fermo. Al gip Santoro, Natale David Paviglianiti e Francesco Leone hanno respinto con forza le accuse mossegli dall'Antimafia mentre Angelo Fortunato Chinnì si è avvalso della facoltà di non rispondere. Un'indagine lampo quella messa in piedi dalla procura reggina. In meno di un mese sono state acquisito le dichiarazioni delle vittime, due imprenditori di San Lorenzo, disposto le intercettazioni, effettuato i riscontri sul territorio, e subito disposto il fermo. I Paviglianiti avrebbero avuto bisogno di soldi e per questo li pretendevano dai due. Non solo però "i favori" per i parenti detenuti nell'ambito dell'inchiesta "Ultima Spiaggia", che ha decimato la 'ndrina nel dicembre scorso, ma pretendevano di entrare in possesso di un terreno. Un terreno vinto all'asta e già pagato legalmente. L'imprenditore ai Carabinieri, nonostante la paura di ritorsioni, racconta tutto.

Anche la paura per un'accusa di favoreggiamento, ha fatto la sua parte e alla fine ha ammesso che quelle richieste non erano un "prestito", ma delle estorsioni in piena regola. Il 5 ottobre scorso ai Carabinieri così racconta tutto, integrando le precedenti dichiarazioni rese:

«tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015, ricordo era stata da poco effettuata l'operazione di polizia a "ultima spiaggia", in un pomeriggio intorno alle ore 16:30, si presentarono presso la nostra rivendita di tabacchi, due persone che io conosco, uno con il nome di Natale Paviglianiti, di circa 20-22 anni, che preciso essere cugino di primo grado di Natale Paviglianiti, l'altro, ma non ne sono sicuro, con il nome di Giovanni Polimeni, di cui sapevo per sentito dire, che fosse rappresentante di caffè(...) In questa circostanza questi due soggetti, che sarei comunque in grado di riconoscere, si presentavano presso gli uffici del supermercato di San Lorenzo Marina, nello specifico in quelli ubicati sopra la tabaccheria. Mimi hanno detto che avevano necessità di un prestito di 5 mila euro. La richiesta della somma non era dovuta all'acquisito di tabacchi (come aveva dichiarato in precedenza ndr) bensì ad asserite necessità non meglio precisate di natura familiare». In questa occasione l'uomo dice di non poter pagare, ma i Paviglianiti ritornano nel settembre successivo. Qui è costretto a pagare:« Leone Francesco è tornato, sempre da solo e in quell'occasione, gli consegnai una busta con all'interno 2mila euro. Il Leone a questo punto mi ringraziava e andava via».

Si avvicina Natale e la cosca bussa di nuovo alla porta, niente da fare non ci sono soldi. Arriva l'estate e si ripresentano nuovamente. «A luglio venivo nuovamente avvicinato da Natale Paviglianiti, quello più grande, che mi chiedeva se "potessi arrangiargli qualcosa". Io comunque intimorito e arrabbiato, con la speranza di prendere tempo e di farlo desistere, gli ho detto che ne avrei dovuto prima parlarne con i miei fratelli (...) Qualche giorno dopo, ormai comunque nel mese di Agosto 2016, notandolo all'interno del supermercato intento a fare la spesa, ritenendo non più ulteriormente rinviabile la cosa, mi avvicinavo e gli consegnavo una busta con all'interno 3mila euro in contanti».

«Nel mese di ottobre 2015, omissis riferiva di essere prima stato avvicinato, nei pressi del suo stabilimento balneare, da un giovane che sapeva chiamarsi Fortunato Chinnì da Melito Porto Salvo, il quale, dopo aver fatto chiaramente intendere di agire per conto della famiglia di 'ndrangheta Paviglianiti e, nello specifico, per conto di Angelo Paviglianiti, avrebbe chiesto all'uomo un "pensiero" per la stagione balneare ormai conclusa. Omiss a quel punto avrebbe allontanato in malo modo il Chinnì». È scritto così, nel fermo emesso dal pm Antonella Crisafulli, in riferimento al tentativo estorsivo che la 'ndrina avrebbe perpetrato nei confronti del titolare di un noto lido di Marina di San Lorenzo. In quella circostanza la denuncia non è stata sporta, ma ai Carabinieri l'uomo ha raccontato tutto. «In una seconda circostanza, è riportato nel provvedimento, aggiungeva di aver incontrato casualmente qualche giorno prima, nei pressi dell'area di rifornimento, ubicata appena fuori dal centro abitato di Melito Porto Salvo, i fratelli Antonio e Bruno Russo (coinvolti nell'inchiesta "Ultima Spiaggia ndr). L'uomo, dopo aver avvicinato i germani, avrebbe chiesto loro delucidazioni circa le richieste avanzate dal Chinnì che, a quanto pare (circostanza non meglio chiarita), si sarebbe presentato a chiedere la "mazzetta" anche a nome dei due germani. Questi, a dire di Omissis, avrebbero negato ogni coinvolgimento nella vicenda invitando l'uomo, per l'avvenire, a non dar credito ad eventuali ulteriori pretese del Chinnì. Anche in tale occasione Omissis riferiva di non aver, per il momento, alcuna intenzione di sporgere denuncia riferendo di non "voler essere messo in mezzo",dicendosi disponibile a collaborare, in qualsiasi modo, con le forze di polizia». Non ha avuto il coraggio del titolare del supermercato, ma anche in questo caso gli inquirenti lo scrivono a chiare lettere: «Lo stesso forte timore, d'altro canto, induceva Omissis, altra vittima dei Paviglianiti , a rifiutarsi di sporgere denuncia ed a tacere anche di fronte all'ennesimo danneggiamento subito». Quello più grave è del maggio di quest'anno quando un incendio interessava un mezzo impiegato nei lavori di ammodernamento della sua struttura balneare. Anche in questa occasione niente denuncia, ma il gestore non ha confermato che «in passato ho ricevuto altre minacce e nello specifico ricordo che l'anno scorso, sotto la porta del bar del lido ho ricevuto un foglio recante delle minacce; negli anni precedenti il lido è stato completamente distrutto dalle fiamme».

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Ma non c'era solo lui nella morsa delle estorsioni. C'era anche un altro imprenditore, titolare di uno stabilimento balneare, fra i più noti del litorale di Marina di San Lorenzo. A differenza del precedente, l'uomo però si rifiuterà di sporgere formale denuncia, ma nel contempo lo dirà comunque alle forze dell'ordine.

«Nel mese di ottobre 2015, omissis riferiva di essere prima stato avvicinato, nei pressi del suo stabilimento balneare, da un giovane che sapeva chiamarsi Fortunato Chinnì da Melito Porto Salvo, il quale, dopo aver fatto chiaramente intendere di agire per conto della famiglia di 'ndrangheta Paviglianiti e, nello specifico, per conto di Angelo Paviglianiti, avrebbe chiesto all'uomo un "pensiero" per la stagione balneare ormai conclusa. Omiss a quel punto avrebbe allontanato in malo modo il Chinnì». È scritto così, nel fermo emesso dal pm Antonella Crisafulli, in riferimento al tentativo estorsivo che la 'ndrina avrebbe perpetrato nei confronti del titolare di un noto lido di Marina di San Lorenzo. «In una seconda circostanza, è riportato nel provvedimento, aggiungeva di aver incontrato casualmente qualche giorno prima, nei pressi dell'area di rifornimento, ubicata appena fuori dal centro abitato di Melito Porto Salvo, i fratelli Antonio e Bruno Russo (coinvolti nell'inchiesta "Ultima Spiaggia ndr). L'uomo, dopo aver avvicinato i germani, avrebbe chiesto loro delucidazioni circa le richieste avanzate dal Chinnì che, a quanto pare (circostanza non meglio chiarita), si sarebbe presentato a chiedere la "mazzetta" anche a nome dei due germani. Questi, a dire di Omissis, avrebbero negato ogni coinvolgimento nella vicenda invitando l'uomo, per l'avvenire, a non dar credito ad eventuali ulteriori pretese del Chinnì. Anche in tale occasione Omissis riferiva di non aver, per il momento, alcuna intenzione di sporgere denuncia riferendo di non "voler essere messo in mezzo", dicendosi disponibile a collaborare, in qualsiasi modo, con le forze di polizia». Non ha avuto il coraggio del titolare del supermercato, ma anche in questo caso gli inquirenti lo scrivono a chiare lettere: «Lo stesso forte timore, d'altro canto, induceva Omissis, altra vittima dei Paviglianiti , a rifiutarsi di sporgere denuncia ed a tacere anche di fronte all'ennesimo danneggiamento subito». Quello più grave è del maggio di quest'anno quando un incendio interessava un mezzo impiegato nei lavori di ammodernamento della sua struttura balneare. Anche in questa occasione niente denuncia, ma il gestore non ha confermato che «in passato ho ricevuto altre minacce e nello specifico ricordo che l'anno scorso, sotto la porta del bar del lido ho ricevuto un foglio recante delle minacce; negli anni precedenti il lido è stato completamente distrutto dalle fiamme».