Il settore ortofrutticolo nelle mani della cosca Piromalli

piromalliantoniointercettazione500di Angela Panzera - L'unico barlume imprenditoriale di Varapodio, piccolo centro della Piana, era il consorzio "Copam", ieri però finito sotto sequestro su ordine dei gip reggini e su richiesta dei pm antimafia Roberto Di Palma, Luca Miceli e Giulia Pantano, e del procuratore Federico Cafiero De Raho e dell'aggiunto Gaetano Paci. Nella distribuzione dei prodotti ortofrutticoli l'inchiesta "Provvidenza 2" ha sottolineato come la cosca dei Piromalli lo avesse infiltrato dalla testa ai piedi. Il consorzio "Copam" era formalmente costituito da numerose cooperative calabresi e siciliane ma, la 'ndrina sfruttando la capacità di approvvigionamento di prodotti agrumicoli, piano piano è riuscita a disporne sia sul piano gestionale e commerciale, grazie al ruolo di Rocco Scarpari, semplice dipendente ma, di fatto, vero "dominus" della cooperativa, in quanto per la Dda referente della cosca gioiese. Attraverso questo controllo, la cosca è stata in grado di alimentare sia la grande distribuzione del nord-est italiano che il mercato rumeno. In particolare, dalle indagini del Ros è emerso come Antonio Piromalli, anche tramite il socio Alessandro Pronestì, ingerisse nella gestione della "Copam" sovrintendendo in prima persona a tutta la filiera commerciale di fornitura dei prodotti agrumicoli - stabilendo tempi, quantitativi e prezzi delle merci da esportare- curando i rapporti con le aziende, sia milanesi che rumene, e intervenendo anche nella gestione del personale dipendente del consorzio.

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In particolare, nell'ambito delle trattative condotte con alcuni imprenditori rumeni, preoccupati dalla possibile interruzione degli approvvigionamenti, Pronestì, che agiva secondo le direttive di Piromalli, si spingeva a rassicurare i suoi interlocutori, dicendo che la cooperativa aveva di fatto l'obbligo di rifornire prioritariamente le aziende indicate dall'organizzazione: «Forse tu non hai capito una cosa, la cooperativa prima manda a noi e poi se avanza manda agli altri!», questa la frase intercetta dalle cimici del Ros dei Carabinieri. Le attività del consorzio "Copam" erano inoltre utilizzate dalla cosca Piromalli nelle operazioni commerciali di esportazione dell'olio d'oliva verso gli Stati Uniti. Il consorzio, infatti, veniva costretto a garantire il pagamento in anticipo di quanto prodotto dalla società dei fratelli Careri ed a farsi carico dei costi delle ulteriori (e non necessarie) operazioni di intermediazione. Il presunto boss Antonio Piromalli sarà chiaro sul punto: «glielo hai specificato a Scarpari ...ogni vendita che facciamo fare a lui ........già a priori deve sapere che due centesimi li deve mettere in fattura in più per noi». A riscontro del controllo totalizzante del consorzio da parte della cosca, è emerso inoltre come Antonio Piromalli stesse prendendo in considerazione di trasferire la sede di "Copam" all'interno dell'area commerciale del porto di Gioia Tauro, sia perchù trovava le spese degli stabilimenti di Varapodio troppo eccessive, sia per rendere ancora più agevole le attività di esportazione di agrumi verso gli USA. L'olio in America e la frutta al Nord Italia e in Romania: erano queste le attività in cui il figlio Antonio Piromalli, figlio del boss Peppe alias "Facciazza", aveva scalato imprenditorialmente grazie alla fitta rete di fiancheggiatore e presunti prestanome. Se con la prima parte dell'inchiesta "Provvidenza", eseguita a fine gennaio scorso, la Dda lo ha fatto finire nuovamente in carcere svelando i suoi presunti interessi criminali in Usa, ieri con la seconda trance dell'indagine sono emerse gli altri "tentacoli" dei Piromalli nel settore dell'ortofrutticolo. Su richiesta infatti, dei pm antimafia Luca Miceli, Giulia Pantano, Roberto Di Palma, coordinati dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dall'aggiunto Gaetano Paci (in foto) il gip distrettuale Adriana Trapani ha fatto finire sotto sequestro il consorzio "Copam". Nella distribuzione dei prodotti ortofrutticoli l'inchiesta "Provvidenza 2" ha sottolineato come i Piromalli lo gestissero in toto, anche se formalmente era costituito da numerose cooperative calabresi e siciliane. Antonio Piromalli infatti, nelle settimane successive alla scarcerazione si era «reinsediato nel cuore economico - commerciale , scrive il gip Adriana Trapani nell'ordinanza a suo carico, del paese e manifestava la volontà di riprendere la sua attività professionale, sulla scia di vecchie progettualità soltanto parzialmente realizzate e bruscamente infrenate dall'operazione "Cent'anni di storia".

Attraverso le società a lui riconducibili, (la ditta individuale "Antonio Piromalli" e la Foods srl" e soprattutto attraverso la neocostituita "P&P Foods srl" questi rinnovava infatti la sua veste imprenditoriale, avviando nuove attività di mediazione di prodotti olivicoli ed ortofrutticoli tra l'Italia e l'estero, con particolare riferimento al mercato europeo e statunitense». Ed ecco che il "delfino" della 'ndrina si infiltra nel consorzio di Varapodio. Per la sua opera poteva contare sull' «affidamento a più canali di distribuzione assicurati da personaggi del calibro di Rosario Vizzari, piuttosto che Giorgio Cautadella, costituenti saldi ed imprescindibili punti di riferimento in relazione allo sviluppo dello specifico segmento. Costoro concordavano infatti con il capocosca - per quanto di competenza - qualsivoglia aspetto delle varie iniziative economiche intraprese: dalla definizione dei canali ritenuti maggiormente redditizi, a ditte e soggetti da interessare di volta in volta, ai margini di guadagno da prendere in considerazione in relazione alle varie attività di mediazione. Vizzari in particolare - Presidente della "Global Freight Service inc" e già referente della cosca a New York - emergeva quale soggetto dotato dai vertici di cosca di grande autonomia oltreoceano, attesa la sua ventennale residenza in America e la salda rete di contatti in suo possesso, tra Boston, Chicago, Miami, e naturalmente New York: ricevute le indicazioni del caso questi curava l'introduzione delle ingenti quantità di prodotti nel circuito della grande distribuzione, aggiornando al contempo sistematicamente Piromalli sull'evoluzione delle varie questioni».

Per l'Antimafia inoltre Cataudella, era uno dei suoi "sodali" in quanto era un personaggio di spessore all'interno del mercato ortofrutticolo di Vittoria, nel ragusano, e rappresentava il "trampolino" della famiglia Piromalli verso la Romania e nell'infiltrazione dei mercati di Timisoara ed Ojar. Con lo scopo di gestire al meglio tutti gli aspetti connessi ai rinnovati interessi imprenditoriali del sodalizio, Antonio Piromalli individuava in Alessandro Pronestì «la figura di riferimento, in grado non soltanto di sopperire alle sue limitate libertà di movimento connesse agli obblighi legati alla sorveglianza speciale, ma soprattutto di tutelare il suo strategico operato "dietro le quinte". Ecco che Pronestì- continua il gip- diveniva determinante nell'ordinaria conduzione degli affari del sodalizio, muovendosi a tutti gli effetti in nome e per conto del capocosca». Che le mani dei Piromalli si fossero addentrate in tutto e per tutto nel consorzio di Varapodio gli inquirenti lo comprendono soprattutto dai rapporti quotidiani intercorsi sia personalmente che telefonicamente e in tutti gli incontri Antonio Piromalli impartiva disposizioni sulla linea da seguire nei rapporti con i terzi via via interessati e nel progressivo sviluppo delle varie attività imprenditoriali di interesse. Se Antonio Piromalli è riuscito ad "accaparrarsi" il consorzio "Copam" è stato grazie al contributo fornito da uno dei suoi fedelissimi ossia Rocco Scarpari, finito ieri in manette. Per il gip, Adriana Trapani che ne ha ordinato il suo arresto, il consorzio era «sostanzialmente nelle mani di Rocco Scarpari, il quale, pur figurando quale dipendente, la gestiva come fosse una sua proprietà. Peraltro, la gestione veniva segnata da continue malversazioni ed appropriazioni indebite. In questo senso, Scafrpari quindi metteva la "Copam" a disposizione di Antonio Piromalli, consentendogli di usufruirne a suo piacimento, ponendo in essere una serie di atti di gestione nell'interesse del capo cosca ed in danno della stessa cooperativa».

Cosa non si fa per il buon nome della 'ndrina. Antonio Piromalli infatti avrebbe imposto all'imprenditore Careri «di vendere l'olio alla alla "Copam" a 2 euro e 50 centesimi di cui tuttavia i 50 centesimi dovevano dallo stesso essere messi da parte per poi mandarglieli una volta al mese. Pertanto, Piromalli un lato imponeva a Careri un prezzo di vendita e l'accumulo di una mazzetta da inviargli - evidentemente brevi manu e non fatturata - direttamente a Milano, mentre dall'altro lato imponeva alla "Copam" un prezzo di acquisto, senza la minima interlocuzione con essi. In sostanza una straordinaria dimostrazione di controllo del territorio- chiosa il gip- e di metodo mafioso esercitato dal Pirmolli, vero e proprio imprenditore criminale consapevole della sua forza e della capacità silente della cosca di appartenenza di ottenere obbedienza e asservimento da parte di tutti e in particolare degli operatori economici». Secondo l'inchiesta "Provvidenza 2" non solo la "Compam" comprerà l'olio al prezzo stabilito da Piromalli, ma che addirittura veniva scelta perché sarebbe stata quell'impresa a sopportare l'onere finanziario fino a quel momento sofferto da Careri. Ed è per questo che Antonio Piromalli imponeva alla "Copam" una scelta imprenditoriale contraria alla buona gestione e fuori mercato, con ciò dando dimostrazione di tutto il suo carisma mafioso. «Si vedrà come Rocco Scarpari- scritto nelle carte dell'inchiesta messa a segno ieri dai Carabinieri, vero amministratore della "Copam", in realtà sarà soggetto a disposizione di Antonio Piromalli, prestandosi a piegare gli interessi dell'impresa a quelli del capo cosca».

Sono emblematiche, sul punto, le due intercettazioni captate dagli investigatori il 4 giugno e il 20 giugno dello scorso anno quando Piromalli spiegherà sia alle moglie che alle figlie la reale situazione. Due conversazioni che dimostrerebbero il suo «ruolo di assoluto dominus di tutta la filiera commerciale dell'esportazione di olio negli Usa». Piromalli: «e allora io ho messo il fornitore, cioè quello che ci fornisce l'olio e ho messo il cliente che si compra l'olio, cioè Rosario e io ho detto "noi facciamo da mediatori, prendiamo la mediazione da quello che là...di Gioia...da quello che vende l'olio e la mediazione da quello che acquista l'olio!»Che Scarpari fosse totalmente "succube" della 'ndrina la Dda lo apprende quando nei primi giorni di dicembre si registravano alcuni ritardi da parte della "Copam" nell'approntamento dei quantitativi di prodotti da instradare, tant'è che il Piromalli palesava ancora una volta, incidentalmente, il suo spessore criminale, venendo addirittura invitato da Pronestì a farsi sentire "in viva voce" in direzione dello Scarpari.