"Ecco come fu ucciso il boss Salvatore Cordì"

colpipistola500di Angela Panzera - Per anni la Dda di Reggio Calabria ha sostenuto durante i vari processi che si sono celebrati che l'omicidio del boss Salvatore Cordì, alias " u cinisi", avvenuto a Siderno il 31 maggio del 2005, è stato deciso dal boss Antonio Cataldo, classe 1956, detto "papuzzedda" ed eseguito materialmente da Michele Curciarello e Antonio Martino con la complicità di Domenico Zucco e Antonio Panetta. La Cassazione però nel giugno del 2014 ha assolto, in via definitiva, l'imputato. Per l'Antimafia dello Stretto i Cataldo decisero, pianificarono ed eseguirono il delitto di uno dei maggiori vertici della cosca rivale ossia quella dei Cordì. L'omicidio del "Cinisi" sarebbe stata la "risposta" all'agguato in cui perse la vita Giuseppe Cataldo, classe 1969, cugino di Antonio Cataldo, ucciso il 15 febbraio del 2005 dinnanzi alla propria abitazione. Successivamente sempre la Suprema Corte, nell'ottobre del 2015, ha assolto Zucco, Panetta e Martino dall'accusa di omicidio. L'unico che fu condannato all'ergastolo in primo e secondo grado fu Michele Curciarello, ma anche per lui gli Ermellini rimisero tutto in discussione e annullarono, con rinvio ad un'altra sezione della Corte d'Assise d'Appello reggina, la condanna. L'Appello bis per l'imputato Curciarello è infatti, in corso di celebrazione.

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Adesso importanti scenari però, si aprono per gli inquirenti in seguito al deposito delle dichiarazioni- presenti all'interno dell'inchiesta "Mandamento jonico" del neo collaboratore di giustizia Domenico Agresta che ha riferito, prima ai magistrati torinesi e poi a quelli reggini, di una serie di presunte confidenze fattegli in carcere da un certo Antonio Cataldo, e tra queste una riguarda proprio l'omicidio del boss Cordì. Agresta, nipote del boss morto ammazzato, Pasqualino Marando, non esita a dire ai pm antimafia reggini, ed in particolare al pm Antonio De Bernardo, di essere a conoscenza "di alcuni omicidi della faida di Locri di cui mi ha parlato Antonio Cataldo di Locri (che è stato in carcere con me a Saluzzo ed il cui fratello Giuseppe è stato ammazzato dai Cordì)". Ma chi è questo Antonio Cataldo? Gli inquirenti hanno la bocca cucita. Le indagini sono in corso, ma quel che è certo è che non si tratta né di Antonio Cataldo, classe 1956 alias "papuzzedda" né di Antonio Cataldo, classe 1964, cugino del boss di Locri, e recentemente coinvolto nell'inchiesta "Mandamento Jonico" in quanto ritenuto "un partecipe attivo alla associazione di stampo mafioso denominata 'ndrangheta, nella sua articolazione denominata cosca Cataldo di Locri (con il compito di assicurare le comunicazioni tra gli associati, eseguire le direttive dei vertici della società e dell' associazione, riconoscendo e rispettando le gerarchie e le regole interne al sodalizio. In particolare- sempre secondo il capo di imputazione formulato dalla Dda dello Stretto- teneva contatti con l'articolazione torinese della cosca; impegnato su incarico del sodalizio nel traffico organizzato di sostanze stupefacenti (attività delittuosa per la quale riportava condanne in separati procedimenti), destinava i proventi di tale attività, su disposizione dei vertici del sodalizio, al rafforzamento dell'organizzazione, in particolare per il reperimento di armi da utilizzare in occasione della faida che a più riprese aveva impegnato la cosca Cataldo contro la cosca Cordì di Locri". Il suo nome quindi riapre lo scenario della faida locrese. Ma L'Antonio Cataldo, di cui parla Agresta, è un altro soggetto. E stando al racconto del "pentito" sarebbe l'esecutorio materiale del delitto Cordì.

"Antonio Cataldo- ha dichiarato Agresta a verbale - diceva spesso di essere stato lui ad uccidere Salvatore Cordì, detto il cinese, (omicidio avvenuto mi pare intorno al 2006). Diceva di essere stato accompagnato con la moto da tale Curciarello, un soggetto vicino a lui ed ai Cataldo, lui era sceso dalla moto ed aveva sparato. Le Autorità avevano incolpato per questo omicidio alcuni soggetti, tra i quali il Curciarello che effettivamente lo aveva accompagnato e un ragazzo che aveva mandato un segnale con un telefono e per questo era stato coinvolto nell'omicidio. Lui commentava queste vicende giudiziarie, dimostrandosi dispiaciuto per il ragazzo che lui diceva essere stato sfortunato (ma che da come parlava il Cataldo era effettivamente presente nei pressi del luogo dell'omicidio ed aveva mandato questo segnale). Anche per Curciarello-è riportato sempre negli atti dell'inchiesta- era dispiaciuto (il Curciarello coinvolto nelle indagini era effettivamente colui che lo aveva accompagnato), ma soprattutto era preoccupato per sé perché aveva saputo che un testimone oculare aveva riferito che il killer era una persona con una corporatura robusta come in affetti la sua. Lui aveva fatto questo omicidio perché infuriato per la morte del fratello, ma non era un'iniziativa personale; l'omicidio era stato deciso dai vertici della famiglia come il cugino Antonio Cataldo (più anziano di lui, che li faceva "ragionare") e Pepe' Cataldo. Lui durante la faida non aveva commesso omicidi ma mandato armi da Torino ai cugini".

Agresta quindi sarebbe venuto a conoscenza di questi fatti direttamente da colui il quale si sarebbe auto-accusato di essere il killer del "cinisi". Da un lato quindi, stando sempre ai verbali stesi con la Dda, "un" Curciarello sarebbe sì coinvolto nel delitto Cordì, ma il commando che ha ucciso il boss rivale non sarebbe stato composto da Antonio Martino, il giovane – assolto in tutti i gradi di giudizio- che per la Dda era alla guida della moto su cui viaggiava il killer.

" Le confidenze su una serie di omicidi della faida di Locri — ha continuato "Mico Mcdonald" - mi sono state fatte da Antonio Cataldo di Locri fratello del Giuseppe ammazzato dai Cordì nel carcere di Saluzzo; mi risulta che questo Antonio Cataldo sia fratello di Aldo e Vincenzo Cataldo che stanno a Torino ma che scendono spesso a Locri".

Ma chi è quindi questo "terzo" Antonio Cataldo? Indagini in progress.