Quella melassa di relazioni che soffoca Reggio Calabria

melassadi Claudio Cordova - Riecheggiano nelle mie orecchie le elucubrazioni degli artisti di questa nuova corrente sempre più in voga nell'Italia moderna: i Garantisti. Lamentano la pubblicazione di intercettazioni, l'inserimento sui giornali di nomi, cognomi, circostanze che delineano presunti reati o comunque vortici relazionali che rendono la realtà di Reggio Calabria più unica che rara. L'indagine "Fata Morgana" ha portato al fermo di sette persone tra cui il celeberrimo avvocato Paolo Romeo. Una figura quasi mitologica che, in virtù del proprio passato giudiziario, veniva spesso evocata in città, come presunta eminenza grigia dei clan, come elemento di contatto tra l'ala militare della 'ndrangheta e i mondi sommersi che qui come altrove controllano e influenzano tutto.

Da mesi Il Dispaccio lo sostiene con forza: per avere qualche speranza di sconfiggere la 'ndrangheta è assolutamente necessario andare oltre la pur necessaria attività di repressione con la cattura dei latitanti o di prevenzione, con il sequestro e la confisca di beni. E' necessario andare a spezzare quei legami che la 'ndrangheta ha stretto tra gli anni '60 e '70 e che si porta dietro oggi – in taluni casi riattualizzati, in altri no – a prescindere dalla presenza in libertà di questo o quel boss o dal sequestro di un bene mobile o immobile.

L'indagine "Fata Morgana" dei pm Stefano Musolino, Giuseppe Lombardo, Rosario Ferracane e Luca Miceli fissa delle condotte che dovranno essere valutate dai giudici competenti (a cominciare dalla convalida del fermo e dall'eventuale emissione di una misura cautelare) ma fa una cosa parimenti importante per l'opinione pubblica: cristallizza una infinita serie di relazioni. E basterebbe pensare che – ove se ne sia capaci – la 'ndrangheta sia un grande, malato, sistema relazionale per capire quanto sia importante per gli inquirenti aver intercettato e ascoltato le conversazioni dell'avvocato Paolo Romeo e per i cittadini poterle leggere e conservare.

Dall'indagine "Fata Morgana", infatti, emerge il quadro di una immensa, disgustosa, melassa in cui nessuno – politici, imprenditori, professionisti, dipendenti pubblici, mafiosi – disdegnava la conoscenza e i contatti con l'avvocato Paolo Romeo. Legale condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e assai noto in città, indicato a ogni piè sospinto – talvolta in maniera frettolosa ed errata – come il burattinaio delle più ampie dinamiche politiche, economiche e sociali. L'inchiesta "Fata Morgana", però, prova a dare concretezza a tali dicerie e prova a ricostruire il ruolo preminente – anzi, "baricentrico", come è scritto nelle carte d'indagine – del professionista in a una vicenda chiave come quella del centro commerciale "Perla dello Stretto", ma, più in generale nel governo cittadino.

Sarà il tempo a dire quanto oltre riuscirà a spingersi la Dda di Reggio Calabria. La circostanza trapelata, circa l'esistenza di diversi soggetti indagati per associazione segreta lascia aperta la speranza che si possa intervenire su universi spesso evocati, ma mai completamente esplorati, nonostante la cosiddetta Legge Anselmi - istituita dopo lo scandalo della P2 - fornisca gli strumenti adatti a colpire centri di potere occulti.

Già fin qui, però, l'inchiesta "Fata Morgana" dà la prova di un modo malato di vivere quelle che, in un posto normale, potrebbero essere vissute come normali esperienze sociali, ma che qui diventano qualcosa di perverso, di morboso, di sporco per via del marchio della 'ndrangheta. Allo stesso tavolo siedono politici, imprenditori, professionisti, mafiosi. E, talvolta, alcune figure possono racchiudere in un'unica persona le caratteristiche precedenti. Troppi sono legati a troppi. Il paradosso di Reggio Calabria: soffocata da quei vincoli relazionali su cui, invece, dovrebbe poggiarsi una società.

La vera vittoria della 'ndrangheta probabilmente è proprio questa: quella, cioè, di aver spezzato quei pilastri su cui dovrebbe poggiarsi la convivenza civile, la fiducia in un prossimo che non può, non deve, essere necessariamente coinvolto nei più torbidi inganni.

E' il fallimento di un'intera classe politica, dato che esponenti di ogni Ente (Comune, Provincia, Regione e persino Parlamento) e di ogni schieramento non provavano imbarazzo a dialogare, interagire, chiedere favori, raccogliere segnalazioni da un soggetto ben noto e condannato in via definitiva per un reato grave come il concorso esterno in associazione mafiosa. Una politica incapace di fare una selezione nei rapporti o, peggio ancora, completamente disinteressata ad alzare muri dove questi dovrebbero essere alzati. E sarebbe grave, molto grave, se fosse provato quanto solo accennato dal procuratore capo, Federico Cafiero de Raho, circa l'interessamento e l'ingerenza di Paolo Romeo sulle dinamiche relative alla costituzione della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Perché sarebbe la prova dell'attualità del potere di Romeo su dinamiche ancor più pregnanti rispetto alla vicenda "Perla dello Stretto" e fornirebbe la prova del fatto che a Reggio Calabria tutto cambia affinchè nulla cambi.

Ma se dalla politica locale non è intelligente aspettarsi granché di diverso rispetto a quanto emerge quasi in ogni inchiesta antimafia, ciò che sconcerta maggiormente è il fallimento di un'intera città, dato che nella fitta rete di relazioni dell'avvocato Romeo troviamo avvocati, commercialisti, medici, magistrati, giornalisti. Un fallimento totale perché in ogni posto normale un soggetto condannato per concorso esterno in associazione mafiosa dovrebbe avere difficoltà a dialogare con la parte nobile della città, quella benestante e che ha studiato. Non a Reggio Calabria, dove Paolo Romeo poteva alzare il telefono e parlare senza problemi con l'intellighenzia cittadina.

Per questo, leggere quelle intercettazioni, fissare quelle relazioni, è importante per tutti. Dall'azione repressiva è arrivato un segnale forte circa la volontà di alzare il livello delle indagini. E probabilmente altri ne arriveranno.

La città avrà tutti gli strumenti per capire, una volta di più, chi sono gli impresentabili. Sarà in grado, poi, di scegliere da che parte stare?

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