“E’ davvero questa la scuola che vogliamo?”

Reggio - Liceo-Scientifico-Leonardo-da-Vincidi Fabio Cuzzola* - Bene ha fatto nel suo editoriale il direttore di questa testata a sottolineare l'uso strumentale delle scuole a fini politici.
Né tantomeno mi va di polemizzare sulla scelta di far indossare divise o uniformi, la mia filosofia punk non va certo d'accordo con imposizioni di qualsiasi genere, anche se queste dovessero riguardare solo l'abbigliamento.
Immaginate per un secondo domani di entrare a scuola e vedere mille Barry Lyndon nei corridoi e nelle aule, da azienda a Pitti uomo, a caserma è un attimo!!!
E' mia intenzione offrire qui una riflessione che allarghi l'orizzonte al di là delle contese da campagna elettorale alle quali sono poco interessato.
"La scuola dell'autonomia farà cadaveri" così, in maniera lungimirante, sosteneva un vecchio preside quando verso la metà degli anni novanta, il centro sinistra proponeva la sua prima scellerata riforma, inaugurando una stagione che in pochi lustri ha demolito le migliori pratiche pedagogiche e amministrative della scuola pubblica italiana.
Basti ricordare in tal senso le sperimentazioni pedagogiche degli asili, penso a quelli di Reggio Emilia, il modulo con tre insegnanti nella scuola primaria, o la cultura dei nostri licei classici erano invidiati in tutto il mondo.
Iniziando ad insegnare in quell'epoca ho attraversato tutti i marosi di questi stravolgimenti vivendoli dall'interno di quella che una volta si chiamava, "pubblica istruzione"!
L'autonomia ha scatenato una concorrenza tra le scuole senza precedenti, non sul merito, sul successo formativo dei propri studenti o sulla preparazione dei docenti ma basata su rigidi parametri burocratici, che hanno nel numero di iscritti la loro pietra angolare.
Primo interrogativo: da quando la quantità ha più valore della qualità!?
Le scuole con più plessi, più ordini accorpati, penso alle verticalità presenti in tanti comuni, infanzia, primaria, media, dirette da un unico dirigente, sono giganti dai piedi d'argilla, e se la territorialità non garantisce i numeri minimi gli uffici scolastici regionali dispongono la chiusura e i paesi, come quelli dell'entroterra dell'aera grecanica, subiscono uno spopolamento devastante.

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In questi mesi lo scrittore Gioacchino Criaco ha scritto parole che dobbiamo fare nostre per salvare le scuole di Roccaforte del Greco e Careri, su queste battaglie vale la pena spendersi come cittadini, come docenti.
Invece siamo impegnati a pensare strategie e investire risorse su come per accaparrarci più iscritti.
Ci sono licei che tra le loro attività offrono di tutto di più.
Dare la possibilità di studiare un'ora di cinese o il pret a porter, non significa allargare lo spettro delle conoscenze dei nostri giovani, il rischio è che il caleidoscopio di discipline possa essere utile a studiare fenomeni ottici ma perdendo di vista l'orizzonte da mettere a fuoco non andranno lontano in un modo globalizzato.
I nostri ragazzi avrebbero bisogno di essere specializzati in un campo bene delineato, di studiare più e meglio contenuti e tecniche afferenti allo specifico settore che hanno scelto.
In questa direzione non ha di certo giovato il drastico taglio delle ore al biennio e al triennio, passate nel silenzio generale da trenta a ventisette e da trentatre a trenta con conseguenze anche sul numero delle cattedre dei docenti.

Ormai siamo nella scuola-azienda dove piovono offerte formative come fossero sconti alla cassa dei centri commerciali, dimenticando che il mondo americano, dal quale abbiamo copiato molte delle scelte amministrative e didattiche, ha da tempo abbandonato questi modelli, penso ad esempio alle valutazioni comminate a suon di test e quiz.
A questo si aggiunga anche un narcisismo patologico di cui sono preda tanti dirigenti scolastici che, supportati di certo da collegi dei docenti sempre più in versione" yesman", tracciano le "magnifiche sorti e progressive" delle loro scuole inventandosi eventi mirabolanti che possano attrarre famiglie e futuri studenti-clienti.
Il tutto naturalmente sotto l'egida della "legalità", parola passepartout che viene inserita nel titolo di ogni progetto o attività.

Qualche anno fa, chiedendo ad un collega il perché di un invito rivolto ad un attore per parlare agli studenti di legalità in un noto istituto della Piana di Gioia Tauro, lo stesso mi rispose: "perché ha interpretato il ruolo di carabiniere in una fiction".
Abbiamo partite di calcio, convegni, lezioni, incontri e premi...tutto contrassegnato dal termine "legalità", dimenticando che se dovessero scattare accertamenti nelle nostre scuole, la metà delle stesse non supererebbe i controlli sulle norme elementari di sicurezza, così come denunciato a più riprese dagli enti locali e dall'Unione degli studenti nel loro ultimo rapporto sull'edilizia scolastica.
E' davvero questa la scuola che vogliamo!? E' veramente questa la scuola in cui crediamo e vogliamo condividere con i ragazzi?

*Docente e scrittore