Mussolini ha fatto anche cose buone?

Mussolini Benito 1di Nino Mallamaci*-L'ultimo, tra gli uomini politici più in vista, è stato Antonio Tajani, ma l'elenco di quelli che hanno sminuito i crimini del fascismo, o che hanno affermato che Mussolini "ha fatto anche cose buone", è lungo. Chi ricorda Berlusconi, che nel 2003 candidamente dichiara: "Mussolini non ha mai ammazzato nessuno...Il regime fascista non era così feroce. Il duce mandava la gente in vacanza al confino". Di che genere di vacanza si trattasse lo spiega bene uno che c'è stato, Emilio Lussu. Il fondatore del Partito Sardo d'Azione – che si starà rivoltando nella tomba dal giorno in cui la sua creatura si è alleata con la Lega e la destra per le regionali sarde - scrisse il libro "Marcia su Roma e dintorni" nel 1931 e la pubblicazione avvenne subito dopo in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e infine, nel 1933, in italiano. Esso era destinato ai lettori stranieri, ai quali il politici sardo voleva raccontare, per evitare che accadesse altrove, cosa era successo e cosa stava succedendo in Italia, in quanto egli addebitava l'avvento del fascismo soprattutto alle debolezze dei suoi avversari. "Marcia su Roma e dintorni" si legge tutto d'un fiato: pur trattando argomenti serissimi e descrivendo eventi tragici, Lussu riesce a farlo utilizzando spesso l'ironia e il sarcasmo, specialmente quando mette l'accento sui voltafaccia di tanti "sinceri" democratici che, da un giorno all'altro, saltano il fosso divenendo entusiasti sostenitori del regime, o quando dà conto delle titubanze che precedono la famosa Marcia, indici di un atteggiamento tutt'altro che intrepido da parte di Mussolini e dei suoi sodali. Ma gli accadimenti di quei primi anni dell'era fascista – ben prima dell'abbraccio col nazismo, ancora non nato -conservano intatta la loro drammaticità, segnati come sono da assassinii, violenze, pestaggi, prevaricazioni, anche a danno di cittadini indifesi e disarmati. Il confino, poi, è uno strumento largamente utilizzato, ed è caratterizzato da una ferocia degna dei più sanguinari apparati totalitari. Lussu narra di diversi episodi, anche tragicomici, come il seguente: "Per il Natale del 1929, verso il tramonto, sulla linea di sbarramento, una capra starnutì. Le sentinelle fasciste più vicine trasalirono. Non era questo, per caso, un segnale convenuto dei congiurati per l'insurrezione? A cuore fermo spianarono i moschetti e dettero il "chi va là!" La capra non rispose. Subitaneamente, aprirono il fuoco.

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Tutte le altre sentinelle e le pattuglie si credettero in pericolo e, pancia a terra, spararono anch'esse, furiosamente. La tromba del Castello suonò l'"allarmi". Tutti i militi accorsero alle armi: anch'essi spararono (...) La battaglia divenne furiosa. Tutti i motoscafi levarono le ancore e solcarono il mare: anch'essi aprirono il fuoco (...) Il fuoco cessò quando finirono le cartucce. La pugna era stata lunga ma la vittoria aveva arriso ai fascisti. La sera si contarono trentacinque feriti tra i deportati e sedici tra la popolazione civile". Questo è un esempio di vacanza; o di pacchia, per attualizzare il linguaggio. Le pagine del partigiano Lussu, riuscito poi a fuggire per mare dall'arcipelago eoliano insieme a Carlo Rosselli e Fausto Nitti, sono zeppe di tale genere di imprese del regime "buono", contrapposto, nella galoppante o interessata fantasia dei negazionisti, a quello cattivo del Reich.

Per riuscire ancora più istruttiva, la lettura del libro di Emilio Lussu va affiancata a quella del saggio di Francesco Filippi, illuminante già nel titolo: "Mussolini ha fatto anche cose buone". Sottotitolo: "Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo". L'autore, nei capitoli dedicati via via al duce benefattore, bonificatore, previdente e previdenziale, costruttore, legalitario, economista, femminista, condottiero e statista, umanitario, smonta una ad una, mediante uno studio accurato e documentato, le leggende nate durante il ventennio e perpetuate con la collaborazione di coloro che, alla caduta del regime, si guardarono bene dal sollecitare un esame critico del fascismo e di Mussolini stesso. Ivi compresi i condottieri dei partiti della sinistra, troppo impegnati a proteggere il paese del socialismo reale per avviare e condurre un percorso di verità. Si doveva rifare l'Italia e garantire la divisione in blocchi o sfere d'influenza del mondo, e quest'opera si sarebbe potuta portare a compimento solo nascondendo, in perfetto stile italiano, la polvere sotto il tappeto. Per fare un esempio, nessuno degli italiani accusati di crimini di guerra dalla apposita Commissione delle Nazioni unite fu estradato per essere processato. Tra questi, 729 richiesti dalla Jugoslavia, 111 dalla Grecia, 9 dalla Francia, 3 dall'Albania. E, dopo il Trattato di pace, stesso esito ebbero le istanze direttamente inoltrate da Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia, Etiopia, Unione sovietica. E, a proposito della bontà del dittatore di Predappio, Filippi ricorda che la guerra provocò 472.000 morti italiani, un terzo dei quali civili. Considerando tutto il ventennio, poi, "a queste (vittime) andrebbero sommate le vittime italiane della violenza squadrista, i morti in carcere e al confino, i soldati uccisi nelle guerre di aggressione in Etiopia e di dominio in Libia, ma anche a causa delle precarie condizioni sanitarie del paese durante il regime. Un numero che sorpassa le cifre delle morti italiane in qualsiasi altro evento storico e che fanno del fascismo l'avvenimento più mortifero della storia di questo paese. Se mai è stato tentato un genocidio sistematico del popolo italiano, questo genocidio è stato avviato, più o meno coscientemente, dalla tirannide fascista".

Una conclusione che non lascia spazio a interpretazioni, che da sola dovrebbe tappare la bocca a chi, per ignoranza o per convenienza, continua a spargere notizie inventate di sana pianta su una pagina di storia criminale e dolorosa. E, a proposito di Storia, sarebbe il caso, invece di pensare a quasi sopprimere lo studio di questa fondamentale materia, di farne un caposaldo per la formazione di cittadini consapevoli, oltre che di studenti istruiti, per alimentare di fuoco vivo la memoria del nostro popolo e, di conseguenza, la nostra democrazia.

*Avvocato e scrittore