Europee 2019: Lega al 34%, crollo per M5S e Forza Italia, tiene il Pd (primo a Reggio Calabria città). Ma l’affluenza è sottoterra: cari elettori italiani e calabresi, continuate pure a dormire come ieri…

salvinibaciarosarioeuropeedi Mario Meliadò - Esistono davvero i presupposti per il Governo dell'Ultradestra?

Beh, in realtà il "succo" (anche) di queste elezioni europee è proprio queste: a noi provincialissimi italiani non frega (quasi) niente del voto in quanto strumento per rinnovare gli organi parlamentari e poi di governo dell'Ue, ma esclusivamente (circa) in quanto tramite per influenzare in maniera potentissima gli equilibri già (poco) consolidati in àmbito nazionale.

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PROVINCIALISMI. Niente, eh. Neppure l'eurocampagna elettorale più importante, sentita, agguerrita degli ultimi 30-40 anni ha smosso dal proprio ingiustificato torpore l'elettorato italiano, da tempo troppo impegnato a farsi i fatti propri e giocare al "piccolo populista", per occuparsi delle cose importanti tipo perdere 5 minuti e scendere a dire la propria, per poter contare nel momento delle scelte anziché delegare la decisione ad altri, a chi cioè alle urne ci è andato.

In Italia alle urne ci è andato poco più di un avente diritto su due: 56,1%, contro un pur non entusiasmante 58,7% d'affluenza della tornata immediatamente precedente.

Al solito, il territorio più virtuoso (67,3% di votanti) è l'Emilia-Romagna che in fatto di partecipazione ha una tradizione formidabile; fanalino di coda la Sardegna, in cui non va oltre il 36,2% l'accesso alle urne. Qui da noi, due dati regionali: la Calabria col 44% sale sul podio degli indifferenti al richiamo dell'eurovoto, preceduta appunto dal corpo elettorale sardo e da quello (geograficamente limitrofo) siciliano, che esprime un non entusiasmante 37,5% d'affluenza.

In chiave locale, è proprio l'àmbito metropolitano reggino (39,3%) il territorio provinciale in cui s'è votato meno in Calabria (ancor meno, per pochi centesimi in percentuale, che nel Crotonese).

Quanto ai singoli Comuni, "in territorio negativo" è andato al voto il 14,5% del corpo elettorale a Ciminà (paese della Locride di 558 anime); il 15,3% degli aventi diritto ha votato a Torre di Ruggiero, nel Catanzarese; non oltre il 16,8% d'ingressi in cabina elettorale a Belmonte Calabro (nel Cosentino); per la provincia di Vibo Valentia, la desertificazione più spinta delle urne è arrivata a Joppolo (21,9%), nel Marchesato a Cirò matita copiativa in mano solo per il 23,6% degli aventi diritto al voto.

Sul versante opposto, in vari centri l'affluenza ha anche superato l'asticella dell'80%, col picco dell'86,4% a San Floro (centro del Catanzarese da 731 abitanti, situato nella valle del Corace), ma pure l'82,9% a Parenti (minuscolo centro del Basso Cosentino), l'80,6% di San Mauro Marchesato quanto alla provincia di Crotone, il 76,1% d'elettori al voto a Soriano Calabro (nel Vibonese), il 75,2% a Bagaladi (area grecofona del Reggino).

Rispetto poi ai capoluoghi di provincia, non c'è nulla di cui esaltarsi: si va dal 43,5% di votanti a Cosenza città al 41,5% tra le mura urbane a Catanzaro fino al 41,1% della città di Reggio Calabria, con la peggior performance tra i 5 capoluoghi di provincia calabresi in termini d'affluenza che spetta a Crotone (38,6%); tutto un caso a sé il folgorante 69,4% d'eurovotanti a Vibo Valentia, dove evidentemente s'è fatto sentire l'effetto-traino delle concomitanti Amministrative.

EPPURE... ...Eppure, c'erano stati le ferocissime critiche a Jean-Claude Juncker all'Europa "dei banchieri". L'ondata di populismo quasi molesto, forse ricordate il cretino di turno a insolentire un grande come l'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in relazione alle indennità percepite quale europarlamentare, tempo fa, scena ripetuta, rimandata, ritrasmessa fino alla nausea. Lo sdegno corale per i soldoni di George Soros a una certa "Sinistra champagne" italiana. La controversa partita per l'indipendenza della ricca Catalogna, in un contesto in cui peraltro le aree catalana e basca hanno certamente radici storiche e identitarie del tutto peculiari rispetto al corpaccione-Stato della Spagna. L'entusiasmo per la nuova consapevolezza ecologista e per la ribalta mediatica acquisita da Greta Thunberg. L'attenzione per l'esigenza di ribadire il ruolo dell'Italia sullo scenario continentale e di continuare a perseguire i valori dell'Europa unita, semmai acquisendo nuovi livelli di contrazione della sovranità dei singoli Stati a favore di decisioni politiche, economiche, sociali sempre più corali e collettive. I gilet jaune e i loro paurosi picchi di violenza, ma anche le strizzate d'occhio ricevute da Cinquestelle. I timori per la decisa avanzata sovranista praticamente in ogni angolo d'Europa.

...Niente, niente di questo è servito.

Adesso, il momento del voto è passato: continuate pure a dormire.

SOVRANISMI. Quando in Francia avanzava il Front National di Jean-Marie Le Pen, la stragrande maggioranza della popolazione europea era ben compatta nel tacciarlo duramente di propugnare idee fasciste e razziste. Adesso che c'è la figlia Marine (più note recenti parole del padre al riguardo: «Mi fa pietà»), sostanzialmente un'oltranzista rispetto al padre, che arrivò stalinianamente a espellere dal partito, sono tanti gli spifferi d'indulgenza che si avvertono in giro per l'Europa.

Il rimescolamento delle carte vale su tutto: la consistenza e congruità delle istituzioni continentali, l'idea che sia assurdo che il Parlamento europeo si occupi solo della lunghezza delle zucchine (...ma davvero risoluzioni & C. di Strasburgo si occupano solo delle dimensioni dei vegetali? Dublino o Maastricht è questo che regolamentavano? Siete sicuri, o solo disinformati?), la presunzione che l'avere un'Europa unita preservato 70 anni senza guerre valga a poco o a niente, la convinzione che utilizzare la medesima valuta a Carfizzi o a Rotterdam o al Pireo e che la stessa esistenza dell'euro azzeri il rischio-svalutazione nei singoli Paesi sia del tutto irrilevante, l'idea stessa della comune identità europea... Quando i fatti contano zero, è difficile porla sul piano del ragionamento e, inevitabilmente, si sceglie in base agli umori (in senso ampio) del momento. Epperò, attenzione: le apparenze non bastano. Ne sa qualcosa Cinquestelle che, quanto a sovranismi e populismi, ancòra si lecca le ferite per aver tentato di darla a bere snaturandosi nell'allearsi a Bruxelles con uno "squalo" antieuropeista come Nigel Farage, il fondatore dell'Ukip che fu.

RISULTATI. Scrutinate 61.121 sezioni elettorali sulle complessive 61.576 – siamo a un risultato parziale parente strettissimo del risultato definitivo... –, il voto ci dice che la Lega ha superato ogni più rosea previsione: il partito guidato dal vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini schizza al 34,3%, conquistando oltre 9 milioni di suffragi e lasciando quasi 12 punti percentuali di distacco al più immediato inseguitore, il Partito democratico che segue al 22,7%, mentre frana al 17% il Movimento Cinquestelle (è importante ricordare che solo un anno fa, alle Politiche, era il primo partito col 32,6%: ha perso quasi metà dei voti nel giro di un anno). Forza Italia prende e porta a casa un deludente 8,7%; sale al 6,5% Fratelli d'Italia. Ottiene il 3,1% PiùEuropa; Europa Verde (in sostanza, i Verdi) sono al 2,3%; La Sinistra ottiene un pessimo 1,7%, quasi irrilevante allo 0,9% il Partito comunista.

Anche in Calabria, Cinquestelle si piazza al primo posto col 26,6% dei voti; col 22,7% anche in Calabria il partito di Matteo Salvini è la seconda forza in campo. Malgrado inchieste e contestazioni alla giunta Oliverio, il Pd tiene e guadagna un buon 18,2 per cento. Ma "la notizia" è che in àmbito calabrese tiene anche Forza Italia, con un 13,2% che ha pochi rivali in tutto il Paese, e che su scala regionale spopola Fdi, che arriva al 10,4. Relativamente buona, a queste latitudini, pure la performance de La Sinistra, che conquista il 2,1% dei consensi.

Su scala provinciale, nel Reggino è però proprio la Lega il primo partito, sfiorando il 23% (22,7); seguono il Pd (20,7) e Cinquestelle è solo terza forza in campo (19,6), con una convincentissima tenuta di Forza Italia (al 16,6%) e una micidiale, impetuosa avanzata di Fratelli d'Italia che varca la soglia del 12% (12,2) e si caratterizza davvero, come aveva detto il leader Giorgia Meloni in una piazza Duomo strapiena nel capoluogo di provincia, come una forza con cui ineludibilmente occorrerà fare i conti. Non male, visto il risultato generale, il 2% dei Verdi. Tra gli altri risultati di qualche significato, l'ottimo 18,1% colto da Forza Italia nella Vibo Valentia del senatore Peppe Mangialavori e nello stesso territorio provinciale il micidiale 16,5% di Fdi. In assoluta controtendenza lo stratosferico 33% di Cinquestelle nel Crotonese, anche per il crollo (8,5%) di Fi; leggermente meno brillante ma sempre da primatista la performance del M5S a Cosenza e provincia (31,2%), là dove La Sinistra (2,4%) raccoglie il suo risultato migliore. Nel Catanzarese si conferma Cinquestelle, ma a un più contenuto 26,5%, e il 2,4% di PiùEuropa è la sua performance migliore sui 5 risultati provinciali calabresi.

Guardando alle città capoluogo di provincia, a Crotone il Movimento Cinquestelle conquista il primato e la sua miglior performance elettorale tra i capoluoghi di provincia calabresi, con un ottimo 34%, seguito a distanza da Pd (21,7) e Lega (21,5) praticamente appaiati; anche a Catanzaro i pentastellati sono primi superando la soglia del 28%; a Cosenza città dati in linea rispetto all'àmbito provinciale, col M5S primo al 31,2% e la Lega seconda forza al 23,1; a Vibo Valentia ci sono 3 partiti in un fazzoletto di 90 voti di distanza (Lega prima al 21,6%, Cinquestelle secondo al 21,1%, "medaglia di bronzo" a Fi col 21%). Clamoroso, però, il dato di Reggio città: primo partito è il Partito democratico – che esprime il sindaco e sindaco metropolitano, Giuseppe Falcomatà – col 24,3% dei suffragi, a fronte del 22,4% della Lega (secondo partito in città) e il 21,1% del M5S.

LEGA. Rispetto al dato italiano collegato alle Europee, se c'è un trionfatore è indiscutibilmente la Lega di Matteo Salvini. Ed è bene precisare che è proprio "quella di Salvini", cui va tributato un merito storico: in termini di programma, di parole-chiave e di presenza fisica sul territorio aver completamente sdoganato il Mezzogiorno rispetto ai connotati storici dell'elettorato leghista, che definire "antimeridionale" è dir poco. Anche la Calabria ha spesso accolto Salvini, con esiti non sempre confortanti per il ministro dell'Interno, che probabilmente ricorderà vita natural durante la durissima contestazione subita a Catanzaro; ma anche i salamelecchi ricevuti a San Luca.

Non si può negare che ha vinto una certa Italia "della conservazione", proprio come nel resto d'Europa preoccupata di chiudere le frontiere ai migranti (con la differenza che l'Italia è Paese di primo approdo), proprio come in molti Paesi leader dell'intero globo ansiosa di chiudersi a riccio magari anche dal punto di vista commerciale (Donald Trump, su dazi anacronistici e neoprotezionismo, potrebbe fare da docente universitario). Si conferma inoltre la democrazia dell'alternanza: dopo anni al Governo del Paese, il centrosinistra in qualche modo continua a pagare pegno nelle varie competizioni elettorali. E da ultimo, ma non per importanza, stravince il binomio law&order: l'Italia "della sicurezza" piace, e poco importa se "questo" concetto di sicurezza significa piazzarsi le armi in casa – e tutte le statistiche chiariscono ai dubbiosi che avere armi disponibili aumenta le probabilità che fatti violenti gravissimi abbiano luogo, non le fa diminuire... – anziché estirpare le radicatissime incrostazioni della criminalità organizzata, cosa ben più complessa e che richiede ben altro che due "parole d'ordine" ben piazzate.

Sezionando i suffragi, si consolida comunque lo strapotere leghista al Nord, col picco del 41% nella circoscrizione elettorale Nord-Est: la stessa – per capire bene i flussi elettorali chi penalizzano più duramente – che mette in ginocchio, poco sopra il 5%, Forza Italia.

PD, LA REVANCHE. Dopo la "cura" Martina, in tantissimi profetizzavano una pressoché immediata sparizione del Partito democratico dalla scena politica italiana. Le prèfiche, però, hanno avuto torto una volta ancòra: la realtà è che il Pd targato Nicola Zingaretti è letteralmente redivivo, il suo elettorato ha apprezzato una collocazione meno "centrista" e più autenticamente "di Sinistra" e lo ha premiato piazzandolo ben sopra il 20% e facendone il secondo partito italiano. Clamoroso, poi, il sorpasso elettorale ai danni del Movimento Cinquestelle. In combinato disposto con l'ottima avanzata dei Verdi sullo scenario europeo (non certo in Italia...), potrebbe venirne fuori il Dna della Sinistra 4.0: un blocco politico in cui tornino ad avere senso il merito e un'attenzione concreta alle classe deboli e torni a perdere brillantezza l'improvvisazione al potere. Ma come questo solco s'intenda seguire, è tutto da vedere.

CINQUESTELLE. Se c'è una forza politica che esce pesantemente sconfitta da quest'eurotornata elettorale, è il Movimento Cinquestelle, che alla luce della "mazzata" rimediata e mutuando la terminologia degli operatori alberghieri, oggi da Cinquestelle potrebbe quasi essere ribattezzato Bed&Breakfast. Appare quasi imbarazzante rendersi conto di quanto quello che veniva reputato il "partito nuovo", che veniva considerato il sedimento di molte speranze specialmente da parte dei diseredati, del Mezzogiorno e particolarmente dei giovani, in un batter d'occhio appare aver perso quel tipo d'appeal. Sic transit gloria mundi, social network o meno...

Resta il "premio di consolazione": nell'Italia insulare (29,8%) e meridionale (29,2%) il primo partito resta il Movimento Cinquestelle, con una Lega comunque ben sopra quota 20% (22,4% nelle isole, 23,3% al Sud). Anche in chiave-Regionali, forse questa carta si può giocare in modo più oculato della maniera dissennata in cui è stato gestito l'importante risultato ottenuto alle Politiche 2018 e già sperperato.

E ORA, IN EUROPA? Il Partito popolare europeo è accreditato di qualcosa come 174 seggi stimati, 153 sarebbero quelli dei socialdemocratici: numeri che, per la prima volta da quarant'anni esatti (era il 1979), li inchioderebbero all'assoluta necessità di coinvolgere altre forze come i liberaldemocratici del gruppo Alde (che otterrebbero 106 seggi) o i Verdi (che ne strapperebbero 68) nelle principali decisioni a Bruxelles come a Strasburgo. Appare chiaro però che, al di là d'equilibri strettamente politici e d'ingegneria istituzionale, il nodo vero è che adesso l'Ue non può fingere non sia accaduto nulla: prima la Brexit (al di là della sua penosa mancata attuazione), poi l'ondata sovranista stanno a indicare chiaramente che una porzione importantissima di elettori europei di "questa" Unione europea non è soddisfatta e, anzi, la sente lontanissima dalle proprie aspirazioni e dai propri desideri.

L'altro grande dato politico su scala continentale attiene, tuttavia, proprio agli ecologisti: i Verdi hanno ottenuto risultati strabilianti in molti Paesi dell'Europa centro-orientale, le proiezioni sul voto tedesco in particolare li vedrebbero al 22 per cento (!), mentre in Francia i Verdi si sono classificati terza forza assoluta.

E ORA, A ROMA?. Su scala nazionale, s'è già capita l'antifona dalle prime parole di Matteo Salvini. «Adesso da Cinquestelle arrivino anche i "sì", altrimenti si torna al voto»: semplice semplice, un ovvio ricatto politico che però i pentastellati hanno ampiamente meritato per l'ignavia d'essersi accompagnati a una sorta di Porcete e Caribea, i serpenti marini che la mitologia greca vorrebbero essere stati inviati da Atena per punire Laocoonte – che infatti finì stritolato insieme ai figli Antifate e Cliope – per essersi opposto all'ingresso tra le mura del famigerato "cavallo di Troia".

Ecco il punto: «Timeo Danaos, et dona ferentes». Nel Movimento Cinquestelle, reduce da una pazzesca vittoria elettorale alle ultime Politiche dopo pochissimi anni d'attività politica, l'hanno detto in pochissimi: c'è da temere i Greci (in questo caso, i leghisti...) sempre, anche quando portano doni... nel caso di specie, l'insperata possibilità di formare un Governo. Ma un "qualsiasi" Governo non supera assolutamente le incompatibilità identitarie, programmatiche, politiche tra due forze completamente diverse; senza contare che questi mesi di governo Conte hanno senza dubbio giovato assai di più alla Lega che non ai pentastellati, in termini di consenso popolare. E non c'era bisogno di particolari prove demoscopiche preelettorali, per comprenderlo.

Lo snodo, a questo punto, sta forse proprio nel M5S che può abbandonarsi a una "dolce morte" tra le braccia del Carroccio oppure tentare altre vie: quella del voto anticipato inevitabilmente aggraverebbe i problemi di Luigi Di Maio & C., che invece potrebbero tentare di ribaltare le sorti politiche del Paese restituendo gli uomini di Matteo Salvini alla propria collocazione naturale – cioè il centrodestra – e tentando di compattare una maggioranza su basi completamente diverse, in particolare col blocco del centrosinistra più "largo" possibile.

L'INVASIONE DELLE ULTRADESTRE. Naturalmente, non ha senso però guardare solo a ciò che potrebbero fare M5S e compagnia cantante. Perché c'è anche l'eventualità che il "vento di Destra" ampiamente montante in chiave europea venga raccolto pure a Roma, per tracciare un collegamento stabile tra Lega e Fratelli d'Italia: Fdi è in crescita, certo non ha oggi i suffragi su cui ancòra conta Cinquestelle, ma appare decisamente più in sintonia dal punto di vista programmatico e soprattutto identitario col tessuto leghista. Partire da qui, in vista dei prossimi appuntamenti elettorali e di possibili Politiche anticipate, per il Carroccio e per i fan dell'ex ministro Giorgia Meloni non è poi un'utopia.

POST SCRIPTUM. Chissà come avrebbe commentato gli esiti di queste Europee una delle voci più graffianti e ironiche del nostro tempo... Ciao, Vittorio Zucconi: ci mancherai. Adesso, anche di più.