Mini-dizionario del dopocrisi/3

nuovogovernocontedi Mario Meliadò - L'elenco dei nomi dei componenti del governo Conte-bis, ormai, li conoscete già tutti.

A questo punto, proviamo a vedere insieme a voi qualche spunto su cui riflettere, attraverso una sorta di "mini-dizionario del dopo-crisi".

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NOVITÀ. Tra i nuovi ministri, alcuni nomi e le scelte che sottintendono al loro ingresso al Governo colpiscono. Si pensi alla pentastellata Nunzia Catalfo, neoministro del Lavoro: è tra quanti hanno contribuito a scrivere le controverse norme sul Reddito di cittadinanza, è alquanto normale che gli elettori del M5S a maggior ragione si attendano adesso di poter percepire in massa questa misura di sostegno al reddito, che i "vecchi" Centri per l'impiego vengano riformati radicalmente, che i navigator non costituiscano più soltanto un discutibile anglismo fin qui privo di significati concreti e così via. Ma tra le novità c'è anche, ad esempio, l'incarico (ministro ai Rapporti con il Parlamento) per Federico D'Incà, e la cosa si fa interessante pensando allo stretto rapporto tra il neoministro e il presidente della Camera Roberto Fico, che dunque malgrado l'ormai antica dura dialettica con Di Maio (e non solo), per paradosso ora rafforza la propria posizione all'interno di Cinquestelle.

OPPOSIZIONE. Ora, per Matteo Salvini & C., sarà tempo di dura opposizione. Un'opposizione svolta non solo nei Palazzi, ma anche in piazza: il 19 ottobre, ha già anticipato l'ormai ex ministro dell'Interno. L'altra "oltranzista anti-Governo", il leader nazionale di Fratelli d'Italia (e a sua volta ex ministro, alle Politiche giovanili) Giorgia Meloni, però, dopo aver redarguito Salvini («Il momento di scendere in piazza è ora») ha estratto fuori dal cilindro una data ben più vicina, il 9 settembre. In quest'occasione, nella Capitale accanto alla Meloni ci sarà anche una delegazione dell'associazione socioculturale calabrese Ci Credo, da circa un anno guidata da Francesco Fragomele (che in occasione delle recenti Europee ha portato proprio Fdi a essere il primo partito a Stalettì, nel Catanzarese, dov'è consigliere comunale).

PREMIER. «Ma dove l'avevate nascosto questo professor Conte, fino all'altro ieri?», è il pensiero dell'italiano medio in queste ore, specie se elettore del Movimento Cinquestelle. Vale a dire: la contrapposizione in particolare con Matteo Salvini ha spiazzato di netto la Lega, ma pure il movimento che Conte esprimeva e che nei fatti certo non s'era speso molto per allontanare dal premier (termine invalso come sinonimo di Presidente del Consiglio anche se, lo sappiamo bene, istituzionalmente imperfetto rispetto all'ordinamento italiano. Ma ormai è fatta da tempo!, come per i Presidenti di Regione denominati Governatori...) l'atroce sospetto di "non contare nulla" e di essere una sorta di vaso di coccio tra due vasi di ferro, ossia lo stesso Salvini e il leader politico pentastellato Luigi Di Maio. Adesso, la musica è cambiata: merito del famoso discorso in cui l'"avvocato del popolo" ha preso metaforicamente "a schiaffoni" il leader leghista, ma anche dell'endorsement nientemeno che del presidente Usa Donald Trump a favore della conferma di «Giuseppi» Conte.

QUIRINALE. Inevitabilmente, il Colle è sempre un "ago decisore" in crisi politiche di questo tipo. Solo che, di questo tipo, se n'erano viste davvero pochissime: non solo una crisi innescata da chi del Governo faceva parte con un ruolo di primissimo piano (vicepremier e ministro dell'Interno), ma anche apparentemente senza motivazioni scatenanti, senza la smoking gun che delineasse uno sbrego più grande degli altri e a questo punto di portata insanabile. Sergio Mattarella ne è uscito alla grande, con una lucidità e chiarezza d'intenti che ha impressionato tutti: o s'identifica rapidamente una maggioranza che regga, e non per un semestre ma potenzialmente per il resto della legislatura, oppure si va dritti al voto, è stato il diktat del Capo dello Stato. Perentorio e immediatamente ascoltato dalle forze politiche.

RITORNI. A fronte di uscite di scena, di novità e di conferme, c'è anche un peculiare limbo costituito dai "ritorni". Difficile non pensare a Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo economico del governo Renzi (e renziana lei stessa), che assume adesso le redini del Ministero per le Politiche agricole; all'economista ed ex candidato Governatore della Puglia Francesco Boccia ("mister De Girolamo", come qualcuno l'ha soprannominato per le nozze con la grintosa esponente politica ex-Ncd Nunzia De Girolamo), che diventa un po' contraddittoriamente ministro agli Affari regionali quando solo pochi mesi fa il segretario nazionale piddino Nicola Zingaretti ne aveva premiato le specifiche competenze nominandolo responsabile Economia e Società digitale del partito. Ma soprattutto, difficilmente si può parlare di "ritorni" senza pensare all'ex segretario nazionale dèm Dario Franceschini, a detta di molti uno dei migliori ministri ai Beni culturali di sempre, che torna alle redini di un Mibact che tentò in tutti i modi di "svecchiare" e modernizzare, ad esempio premendo l'acceleratore sulla valorizzazione dei 24 più importanti Musei del Paese (tra i quali il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria), nominando dei manager col compito di "aprire" ai cittadini e alla società civile stanze troppo spesso ingiustamente immaginate come «polverose», remote e per meri addetti ai lavori. Proprio Franceschini, peraltro, era stato identificato come possibile vicepremier (in caso di successo dell'ipotesi "consolare", poi abortita) o come possibile sottosegretario unico alla Presidenza.

SPREAD. «Come reagiranno i mercati?», s'erano chiesti in tanti, per la verità anche e soprattutto nel ricco Nord..., all'apertura di una "crisi al buio" da parte della Lega. Beh, possiamo oggi dire come hanno reagito i mercati alla notizia del Conte-bis: benissimo, con lo spread (vale sempre ricordare che, per il nostro Paese, parliamo del differenziale fra i tassi d'interesse dei Bund tedeschi e dei Btp italiani) a 149 punti e l'indice borsistico Ftse-Mib che a Piazza Affari ha fatto registrare un positivo +1,58 per cento.

Adesso, sarà "pane" per il neoministro dell'Economia Roberto Gualtieri. E un po' come Carlo Azeglio Ciampi (molti anni dopo Capo dello Stato) giunse a guidare Bankitalia pur essendo laureato in Lettere con tesi in Filologia classica e Letteratura greca, Gualtieri è in realtà docente universitario alla "Sapienza" di Roma, sì... ma insegna Storia contemporanea. Evitiamo link spericolati, i classici legàmi che pure esistono tra i cash-flow internazionali e gli eventi storico-politici: non si deve aver paura di dire che, dopo anni di supertecnici (l'ultimo è stato Giovanni Tria, nel primo governo Conte), adesso la "palla" in materia economica torna alla politica e questo sinceramente può essere un problema. Può essere anche un grande problema. Al punto che, forse, proprio l'entità del problema ha suggerito di piazzare la poltrona più "calda" sotto il posteriore dell'europarlamentare del Pd (secondo il quotato portale web Politico.eu, a ogni buon conto, «fra i tre europarlamentari più ascoltati» a Strasburgo e a Bruxelles, nella scorsa legislatura Ue). I soldi per fare tutto ciò che Cinquestelle e, all'epoca, Lega avevano promesso di fare in campagna elettorale naturalmente non ci sono: anche sulla scorta dei famosi 26 punti programmatici, presto si vedrà cosa si vorrà trasformare in novità, cosa in priorità e quali obiettivi, invece, si faranno uscire dalla porta di servizio.

"TROMBATI". Come già abbiamo visto, è difficile non identificare tra gli sconfitti il leader nazionale della Lega Matteo Salvini. Poi però ci sono i vari, numerosi casi di chi "entra Papa in Conclave e ne esce cardinale": e in questo senso la Calabria vanta ben due "gemme", nel senso che sia il genovese ma cosentino d'adozione Nicola Morra (senatore di Cinquestelle e presidente in carica della Commissione parlamentare Antimafia, "in predicato" per il Miur, il Ministero a Istruzione, Università e Ricerca) sia il reggino Marco Minniti (già ministro dell'Interno e "gettonato" da qualche organo di stampa, per la verità soprattutto nelle fasi iniziali della crisi, per un ventilato ritorno da protagonista al Viminale, che nell'era-Gentiloni l'aveva visto ministro dal più largo gradimento dell'intera squadra di Governo) vengono "bocciati" dal fuoco incrociato delle diplomazie o, semplicemente, da scelte finali differenti. Ah, a proposito: è andata a finire così anche con la possibile nomina del procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri, che qualche organo di stampa era tornato a ipotizzare pur non essendo cambiato nulla rispetto alle precondizioni (alto magistrato in carica al momento della nomina, senza alcun periodo sabbatico prima d'assumere un incarico del genere e proprio nel settore Giustizia) per cui dal Colle il nominativo del celebre magistrato antimafia era stato cassato anni fa a fronte della proposta dell'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi.

UMORISMO. Va segnalato che, assai più che in occasione della nascita di altri Governi, già pochi minuti dopo la lettura dell'elenco dei ministri da parte del Presidente del Consiglio s'è scatenata, in particolare in Rete e specialmente sui social, l'ironia su alcune delle caselle. Per esempio, Speranza alla Sanità, come a dire: c'è solo la speranza di riuscire a sopravvivere. Costa che rimane all'Ambiente, dunque perfettamente in linea "bandiere blu". E per un pelo, ridacchia qualcuno, s'è evitato di avere un lessicalmente inaccettabile Boccia... all'Istruzione.

VERTENZA SUD. Dopo Barbara Lezzi, cambia nome ma cambia anche segno politico (dal M5S al Pd) il titolare di un dicastero potenzialmente "chiave" per regioni socialmente e produttivamente in difficoltà come la Calabria: il Ministero per il Sud va al nisseno Giuseppe Provenzano. Certo, un esponente piddino molto vicino al segretario nazionale Nicola Zingaretti; ma soprattutto – specie alla luce della postazione acquisita – il vicedirettore dello Svimez. Uno studioso peraltro giovane (37 anni) con una grande amicizia col 90enne saggio Emanuele Macaluso, cui il neoministro ha dedicato "La sinistra e la scintilla", suo ultimo libro. "Ovviamente" si punta su di lui per dare una svolta davvero significativa alla sempiterna "vertenza Sud": e dopotutto, come ricordato dall'interessato, appena raggiunto dalla notizia ufficiale dell'incarico, «il Mezzogiorno è stata la mia professione, sarà per sempre la mia vocazione». Perché, ha spiegato Giuseppe Provenzano, «il Sud è il cuore della "questione" italiana ed europea, ma può essere anche la soluzione».

ZONA FRANCA. Il Conte-bis annovera, sì, 7 ministri donna su 21: in termini paritari il fronte numerico pare persino insufficiente, ma organi di stampa grandi e piccoli stavolta si sono sperticati nell'utilizzo di vocaboli "di genere" come "ministra" e addirittura il linguisticamente orrendo "Prefetta" nel menzionare la Lamorgese, neoinquilina del Viminale. Niente da fare: anche per la politica, sarebbe davvero opportuna una "zona franca" in cui, al di là delle questioni d'opportunità (anche se Pari opportunità), la lingua italiana venga tutelata e preservata da una linea Maginot, da un'invalicabile muraglia: quella della sua incomparabile – e in queste ore violentatissima – Bellezza.