Recensione sul libro "Questione di rispetto"

Quando ho finito di leggere l’ultima frase del libro “Que-stione di rispetto” di Peppe Baldessarro, sulla storia di Gaetano Saffioti, non ho potuto fare a meno di telefonare all’autore per esprimergli non solo apprezzamento per la qualità del suo scritto, ma anche riconoscenza. Peppe, in questa nuova pubblicazione, è riuscito a coniugare la precisione e la puntualità del cronista di razza col sentimento di chi scrive sì per informare, ma ci mette dentro l’anima, rendendo la lettura emozionante e commovente. E’ evidente che, pur lavorando da qualche anno lontano da questa terra, Peppe Baldessaro vi mantiene le sue radici ben affondate dentro.

La vicenda di Gaetano Saffioti è simile a quella di tanti altri nostri conterranei talentuosi, costretti a fare i conti ogni santo giorno con chi si fa strada nella vita non grazie a qualche particolare inclinazione, non con la fatica, il sudore, i sacrifici. Niente di tutto ciò. Ci sono, qui in mezzo a noi, soggetti ai quali tali elementi non servono, che abbisognano solo della capacità di vivere sulle spalle del prossimo, minacciando, ricattando, prevaricando, usando violenza.

La differenza tra la storia di Gaetano Saffioti, che ha innato il talento dell’intrapresa, e quelle di tanti, troppi calabresi, sta nella decisione, maturata tanti anni fa e in maniera graduale, di dire basta, di sbattere una volta per tutte la porta in faccia ai vigliacchi che ritenevano di potere fare della sua persona, e per sempre, una marionetta, che sta sul palcoscenico a lavorare senza guadagnarci nulla, mentre c’è chi lo fa muovere vivere agire manovrando i fili e riempendosi le tasche. Con l’aggravante che il burattinaio ci mette del suo, mentre i ‘ndranghetisti sono dei parassiti al cento per cento, a meno che non si voglia considerare lavoro mettere bombe, sparare alla gente, vessarla in mille modi.

Gaetano Saffioti ha scelto, come scrive lui stesso, di alzare un muro, di mettere da una parte la sua persona la sua famiglia la sua azienda, dall’altra “loro”; per non attraversare più, sono sempre sue parole, il confine che era come un solco tracciato sul bagnasciuga di una spiaggia sabbiosa, che scompare in pochi istanti ad ogni nuova onda.

L’imprenditore palmese imbocca una strada difficilissima: la vita blindata, l’ostracismo dei suoi compaesani e il telefono che non squilla più – ma la stessa cosa, precisa Peppe, accade al Nord, dove le persone, quando sanno chi è, fuggono – l’azienda che quasi cola a picco.

Ma l’altra faccia della medaglia è la dignità riconquistata, il poter disporre della propria esistenza senza odiosi diktat.

Saffioti diviene non un eroe, di più: “E’ un esempio. Gli eroi diventano tali quasi per caso, spesso costretti dalle circostanze, dalle contingenze. Gli esempi si portano dentro una forza e una determinazione che solo la consapevolezza delle scelte fatte consente”, scrive Baldessarro.

E si scontra anche con l’indifferenza della classe politica, che “ha fatto sempre finta di non capire”. Saffioti tenta di sensibilizzarla sul sostegno agli imprenditori che testimoniano e denunciano. Per questo, scrive Baldessarro, “ha sempre chiesto…di prevedere che nei lavori pubblici una piccola quota fosse riservata” a loro. “Aziende certificate da inserire in una white list a cui riservare, ad esempio, il 5 per cento degli appalti e dei servizi”.

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L’esito è deludente: nessuna risposta. Racconta Saffioti, per mezzo dell’autore, “di quando in aereo incontrò Marco Minniti, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. In aereo gli espose rapidamente la sua idea. Minniti parve interessato invitandolo a fissare un appuntamento a Roma nel suo ufficio. Saffioti ci andò, Minniti non c’era e venne ricevuto da un funzionario a cui non aveva potuto fare altro che consegnare un ricco dossier sull’argomento. Poi niente più, nient’altro. Nessun segnale né da Minniti, né da alcun altro politico.”

Saffioti si offre più volte di intervenire gratuitamente per effettuare lavori “sgraditi”, come abbattere la casa costruita dal boss su un terreno in area archeologica tutelata, a Rosarno. Si offre anche in occasione del terremoto in Italia centrale, ma incredibilmente, in questo caso, si sente rispondere che hanno le loro ditte di fiducia.

Ma nonostante queste amarezze, lui e la sua azienda riprendono a crescere, ottenendo appalti anche all’estero per opere di prestigio, come quello per l’ammodernamento di una pista dell’aeroporto di Parigi.

Sono passati quindici anni dagli arresti determinati dalla collaborazione di Gaetano, e lui festeggia ogni anno il suo compleanno “da imprenditore libero, da Calabrese libero”.

Rifarebbe tutto, dice, con lo stesso approccio tranquillo che ha dimostrato anche al processo conclusosi con pesanti condanne anche grazie alle registrazioni degli incontri coi vari delinquenti che lui stesso effettuava, e che gli facevano correre rischi enormi.

Saffioti, durante il processo – dice la sentenza - risponde agli attacchi delle difese “spesso vibranti e veementi … con la pacatezza che gli è naturale, da uomo mite … senza mai scomporsi, con estremo garbo e civiltà, documentando le proprie affermazioni … lasciando al solo processo e a chi era deputato a decidere, di stabilire se la sua fosse la vera versione dei fatti o solo una verità capovolta, ovverosia la messinscena ben orchestrata da una persona meschina e interessata”.

In conclusione, come afferma il giudice Accurso nella sentenza, il Tribunale accerta la veridicità, oltre ogni ragionevole dubbio, dei fatti contestati agli imputati, e arrivano le condanne.

Ma arriva anche la certezza che, proprio in ragione della sua scelta deflagrante, Gaetano Saffioti ha ritrovato la passione per il suo lavoro, le sue aspirazioni più sane e profonde, mentre continuando sul solco precedente egli sarebbe andato verso “la sua morte interiore, come uomo e come imprenditore”.

Una bellissima sentenza riportata in un bellissimo libro, che ha il merito di portarci a conoscenza della storia di un grande uomo e di farlo in maniera partecipata, appassionata, anche se tali qualità non possono riuscire a cancellare la mestizia nel pensare che, probabilmente, la nostra non diverrà mai una terra normale.

Reggio Calabria, 21.10.2017

Nino Mallamaci