“Ritardi e inadempienze sull’attuazione della Riforma del Welfare”, il Forum del Terzo Settore richiama l’amministrazione comunale

forum terzo settoredi Valeria Guarniera - Una provincia – quella di Reggio Calabria – ultima in classifica a livello regionale, in una regione che è ultima a livello europeo. Basta questo tradurre la concezione del tutto marginale che si ha in questo territorio per quanto riguarda i servizi sociali. E non occorre essere particolarmente attenti per interpretare da ciò l'assoluta mancanza di una volontà seria, da parte delle amministrazioni di questo territorio, nell'attuare una giusta programmazione e gestione delle politiche sociali.
E' l'ennesimo grido d'allarme che Pasquale Neri, Domenico Barresi, fratel Stefano Caria, Tonino Nunnari, Francesco Mollace - portavoce dei Forum territoriali del Terzo Settore – lanciano insieme a Luciano Squillaci, componente del Tavolo Tecnico regionale e don Nino Pangallo, direttore della Caritas Diocesana di Rc-Bova.
Un preciso rapporto sui ritardi e le inadempienze che stanno gravando come pietre tombali sulla schiena dei cittadini più fragili e deboli, a partire dall'assoluta assenza di programmazione sociale e sanitaria, certificata dalle resistenze nella convocazione degli Uffici di Piano per ambito sociale, previsti e normati dalla DGR 449/16, e dalla mancata attivazione della rete territoriale in ambito sanitario.
C'è dunque una legge – la 328 del 2000 – che in Calabria ci ha messo ben 17 anni per raggiungere l'attuazione. In sostanza la cd Riforma del welfare calabrese prevede la riorganizzazione dell'assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali. Entrando nello specifico, la delibera approvata delinea le funzioni in materia di politica sociale che vengono trasferite ai comuni, dando così efficacia al principio della sussidiarietà, secondo il quale sono il livello territoriale più prossimo alla persona che ne riesce ad individuare il fabbisogno ed a programmare al meglio gli interventi.
Una Riforma tanto attesa e carica di aspettative che a quanto pare restano deluse e inattese: "Dal prossimo 1 luglio il Comune di Reggio Calabria avrà la responsabilità di gestire tutti i servizi sociali del territorio che prima erano di competenza della regione – ha spiegato Pasquale Neri, Portavoce territoriale per Reggio Calabria - Ulteriori ritardi non gioveranno certamente al settore delle Politiche Sociali e avranno serie ripercussioni sulle fasce più deboli della popolazione. Abbiamo, nostro malgrado, rilevato poca disponibilità alla costruzione di politiche condivise, con un approccio al mondo del Terzo settore percepito non come risorsa da valorizzare ma come utile strumento per sostituire responsabilità istituzionali e garantire servizi a basso costo".

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E allora è il momento di battere il pugno e avanzare "pretese", aggrappandosi non più al buon senso – ché il mondo del Terzo Settore più di altri sa quanto sia vana questa speranza – né al tentativo di salire nella scala delle priorità delle amministrazioni comunali. E' la legge, è un fatto normativo che non si può ignorare e che aspetta di essere attuato.
Urgente a questo punto accelerare – o iniziare quantomeno - il percorso per la costituzione dell'Ufficio di Piano, organo che avrà la responsabilità della redazione del Piano di Zona, elemento indispensabile per realizzare quel sistema integrato di servizi richiamato sia dalla L. 328/00 che dalla L.R.23/03 e mai realizzato fino ad oggi.
Basta non cadere nella trappola della sempre attuale "mancanza di risorse" dietro cui troppo spesso ci si nasconde. E' un errato utilizzo a contraddistinguere la Calabria: "Parliamo di servizi che grazie ai PAC e al Fondo di non Autosufficienza hanno le risorse per essere attuati – spiega infatti Luciano Squillaci – ma che non partono perché queste risorse troppo spesso vengono indirizzate ad altro. Ci sono varie denunce alla Procura della Repubblica di cui non sappiamo nulla".
Sono tre le priorità: l'assistenza domiciliare, l'assistenza educativa scolastica e l'integrazione – ad oggi del tutto assente – di una integrazione socio-sanitaria: "Sono ambiti che non comunicano tra loro – sottolinea Squillaci – ma che rappresentano la vera chiave di volta: solo attraverso una programmazione integrata, ed evitando di ragionare come sempre accade per categorie, potremo uscire da questa crisi dei servizi".