Piera Aiello, prima testimone di giustizia in Italia, al liceo "Piria" di Rosarno (RC)

"Io non ho accettato di vivere in un paese di vedove e orfani". Così Piera Aiello, prima testimone di giustizia in Italia, manifesta il suo fermo rifiuto a quella mafia che già ebbe modo di definire "Maledetta" in un libro scritto qualche anno fa, insieme con il giornalista Umberto Lucentini e con una postfazione di don Luigi Ciotti, per le edizioni San Paolo.
Si presenta con grande semplicità alla platea di studenti, associazioni e autorità civili e militari tracui il Generale Vinvenzo Amendola,il Capitano Gabriele Lombardo e il primo Commissario Eugenio Aloia, riuniti presso l'auditorium del Liceo "R. Piria" di Rosarno, una scuola che da tempo ha avviato un serio ed articolato percorso di legalità da quando, nel 2007, l'attuale Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, aveva incontrato gli studenti rosarnesi.
"Un percorso- ha ricordato la dirigente Mariarosaria Russo- che ha visto succedersi numerosi incontri e collaborazioni con magistrati del calibro di Pignatone Pristipino, De Raho,Paci,Lombardo, Musolino, Creazzo, Sferlazza. Questa è la prima scuola in Italia che ha elaborato progetti formativi per i figli di testimoni e collaboratori di giustizia ed una delle poche che gestiscono beni confiscati alla mafia". Lo ribadisce con forza la Preside del Piria di Rosarno, orgogliosa di essere per i suoi discenti motore di un percorso di maturazione e realizzazione di una giustizia attiva ed ancora orgogliosa di ospitare Piera Aiello, una donna la cui vita dimostra come una persona completamente estranea a Cosa Nostra possa ritrovarsi invischiata in meccanismi di cui fatica a rendersi conto.
E' proprio Piera a raccontare la sua storia con parole semplici, anzi evidenziando quella semplicità, quasi ingenuità, che caratterizzava la sua vita di adolescente a Partanna, nel trapanese, dove viveva con la sua famiglia.
Piera è una ragazzina come tante, che viene corteggiata con insistenza da un bel ragazzo che sembra proprio innamorato e che appartiene a una "buona famiglia", molto rispettata in paese. Ma Piera e i suoi genitori non conoscono i veri motivi di questo rispetto.

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È così che a diciotto anni Piera si ritrova ad essere la nuora del boss del paese, Vito Atria, e si trova presto a rendersi conto della sua nuova realtà. Don Vito Atria viene ammazzato. Da quel momento il marito entra nel vortice della vendetta, diventa violento con la moglie, tenta di uccidere il presunto assassino del padre, viene a sua volta ammazzato, proprio sotto gli occhi di Piera.
Da quel momento inizia per Piera una vita di domande, preoccupazioni e inquietudini che le impediscono di restare inerte a quanto è accaduto. Lei non può accettare questa commistione di violenza, questo destino di morte che sembra ormai il suo paese. Così decide di chiedere aiuto a tanti rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell'ordine che le consentono di andare avanti, che la proteggono dandole una nuova identità e residenza, mentre lei di fronte ai magistrati mette a verbale le sue testimonianze, tutte raccolte in un diario personale su cui scriveva da ben dieci anni. Una vita di grandi sacrifici, anche economici (Piera non può lavorare, deve vivere con quel poco che le passa lo Stato) e di insensati grovigli burocratici. Una vita in cui incontra anche persone come Paolo Borsellino, da lei chiamato lo "zio Paolo" da quando lo conobbe a Terrasini e rimase stupita dal suo accento siciliano e dai suoi modi di fare.
Piera è orgogliosa della sua scelta che le ha permesso di restare lontana da uomini che lei definisce "non d'onore ma di "merda", è consapevole dei sacrifici sostenuti, ma anche della necessità di lottare affinché venga garantita dignità di cittadini attivi ai testimoni di giustizia. E' consapevole anche dell'importanza di alcune persone entrate in contatto con lei in questo difficile percorso come Don Luigi Ciotti e l'avvocato Giuseppe Gandolfo, coordinatore dell'associazione antimafia e anti-racket "La verità vive, presente in Auditorium e attivo sostenitore delle battaglie e del desiderio di divulgazione della necessaria verità di Piera Aiello.
Riconoscendo che "non sempre le scuole operano con la serietà e i principi di questo Istituto e di questa presidenza" l'avvocato Gandolfo ha voluto raccontare le finalità dell'Associazione, che mai ha chiesto contributi pubblici, ed ha parlato della necessità, tuttora impellente, che la verità venga divulgata e difesa soprattutto rapportandosi ai giovani per far emergere in loro un sano senso di giustizia, lo stesso che ha animato la lotta di Piera Aiello.
Caldi e sinceri gli applausi dei presenti e soprattutto degli studenti che hanno voluto offrire numerosi spunti di riflessione e domande.
Tra gli interventi è da evidenziareinoltre la testimonianza di un ex allievo del Liceo, attuale Generale della Guardia Finanza, dott. Vincenzo Amendola, presente all'incontro, che ai ragazzi ha detto "Non è una questione di dove si nasce o si cresce, ma è una questione di scelte di vita. Non vi escludete mai, non vi esponete, ma imparate a vivere la comunità con onestà e normalità."