I Crea piegati dalle denunce di Bartuccio: condanne per la defenestrazione dell'Amministrazione Comunale di Rizziconi

palmitribunale 500di Claudio Cordova - Il gruppo familiare dei Crea di Rizziconi esce con due condanne pesantissime dal processo "Deus": quelle del vecchio boss Teodoro Crea – il "Toro" – a 20 anni di reclusione, e quella di Giuseppe Crea, punito con 19 anni e 8 mesi. Il vincitore -  morale e materiale - è Nino Bartuccio, l'allora sindaco del comune della Piana di Gioia Tauro che denunciò le ingerenze del clan nell'Amministrazione Comunale. Il Tribunale di Palmi, presieduto da Anna Laura Ascioti (Francesco Jacinto e Francesca Minniti giudici) ha emesso la sentenza nell'ambito del procedimento imbastito portato avanti in aula dalla Dda di Reggio Calabria e dai pm Alessandra Cerreti, Luca Miceli e Francesco Ponzetta.

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L'indagine potrà arrivare a pieno compimento con gli arresti della Squadra Mobile grazie alla coraggiosa testimonianza del'ex sindaco Antonino Bartuccio. Il primo cittadino si è opposto, con le proprie circostanziate denunce, allo strapotere criminale della cosca Crea: dalle sue dichiarazioni all'Autorità Giudiziaria scaturisce l'indagine "Deus", che porta agli arresti da parte della Squadra Mobile di Reggio Calabria, del Servizio Centrale Operativo e del Commissariato di Gioia Tauro, di sedici persone, tra cui tre ex politici che sarebbero stati l'avamposto in Comune dei Crea.

L'attività di indagine nasce nel 2010 e ha evidenziato come la cosca Crea di Rizziconi sia capace di esercitare sul territorio una vera e propria "signoria" non solo nell'esercizio delle tipiche attività criminali ma anche nel totale condizionamento della vita pubblica. Le attività investigative sono iniziate infatti all'indomani delle elezioni amministrative indette per l'elezione del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rizziconi, tenutesi il 28-29 Marzo 2010, cui partecipava una sola lista, essendone una seconda stata esclusa per irregolarità.

L'elezione di Bartuccio, dunque, si incastra in un periodo di vuoto di potere a Rizziconi.

Quando però capi e affiliati vengono scarcerati, la cosca Crea prova nuovamente a mettere le proprie mani sulla Cosa Pubblica. Così, dunque, ricorrendo a minacce ed a veri e propri atti intimidatori, la cosca riesce a provocare il sostanziale isolamento del sindaco, all'evidente scopo di annullarne l'azione politica non gradita, determinando, altresì, attraverso le dimissioni dei consiglieri comunali, lo scioglimento degli organi di governo locali.

Tra i soggetti coinvolti figura Teodoro Crea cl. '39, alias "'u Murcu" o "'u Toru" o "Dio onnipotente", capo storico della famiglia, coinvolto nel processo della "Mafia delle tre province" in qualità di boss incontrastato di Rizziconi ed in altri successivi che ne hanno confermato tale ruolo, unitamente a buona parte del suo nucleo familiare: la moglie Clementina Burzì, i figli Giuseppe cl. '78, e Marinella cl. '76 (assolta), nonché la nuora, moglie del figlio latitante, Maria Grazia Alvaro che, tra l'altro, appartiene all'omonimo casato mafioso, operante a Sinopoli (RC) e zone limitrofe, federato ai Crea ed al potente casato dei Piromalli di Gioia Tauro.

La cosca Crea sarebbe riuscita a controllare, negli anni, ogni singolo respiro di Rizziconi. Inoltre, nel corso delle indagini, è stato possibile far luce sulle truffe aggravate contestate a Giuseppe Crea cl. '78, il quale, nonostante lo status di latitante dal 2006, attestava di essere un imprenditore agricolo, senza ovviamente che a ciò corrispondesse l'effettiva attività di coltivazione della terra, così procurandosi un ingiusto profitto, consistito nell'indebita erogazione da parte dell'A.G.E.A. (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) dei contributi comunitari relativi al P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale) per un totale di € 188.884,66: con la confisca dei beni, il Tribunale di Palmi ha riconosciuto anche tale reato.

I Crea, uno dei casati storici della 'ndrangheta, che mettono le proprie mani sulla Pubblica Amministrazione. Ma il dato più inquietante arriva dal tentativo dei Crea di condizionare la vita del Comune: attraverso le dimissioni di vari esponenti della maggioranza, Bartuccio viene sostanzialmente isolato e la sua Amministrazione – evidentemente contraria alle mire dei Crea – si avvia al capolinea. L'indagine rivela anche che la cosca Crea, attraverso minacce anche implicite, nonché con violenza sulle cose, consistita nel taglio di un albero sulla via d'accesso all'abitazione di Domenico Russo, era riuscita nell'intento di costringere il Consigliere Comunale Michele Russo a presentare le proprie dimissioni, alle quali si aggiungevano quelle di altri consiglieri comunali, il che determinava lo scioglimento del Consesso Civico; ciò è avvenuto senza alcun tipo di particolare clamore, in ossequio ai diktat della famiglia mafiosa dei Crea.

Una vicenda confermata dal Tribunale con la condanna di Russo.

Saranno le dichiarazioni del sindaco Bartuccio a rappresentare l'elemento devastante: l'ex primo cittadino dovrà essere anche risarcito dal boss Teodoro Crea, il segno più tangibile della fine della sua onnipotenza.

Il dettaglio della sentenza

Maria Grazia Alvaro 2 anni e 4 mesi

Clementina Burzì 2 anni

Giuseppe Crea 19 anni e 8 mesi

Teodoro Crea 20 anni

Domenico Russo 3 anni

Assolti Girolamo Cutrì, Antonio Crea, Domenico Crea, Marinella Crea, Giuseppe Lombardo, Osvaldo Lombardo, Vincenzo Tornese