Le mani della 'ndrangheta sulla movida reggina: dure condanne in abbreviato

reggio viamarinaSono in tutto 25 le condanne comminate dal Gup di Reggio Calabria, Filippo Aragona, nell'ambito del processo "Eracle", celebrato con rito abbreviato.

Avrebbero controllato (e terrorizzato) la movida reggina: agli imputati erano contestati reati che vanno dall'associazione di tipo mafioso, porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, estorsione, rapina, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia di beni, maltrattamento di animali, con l'aggravante del metodo mafioso.L'indagine curata da Polizia e Carabinieri con cui la Dda di Reggio Calabria ha portato al "fresco", poco prima dell'estate 2017, i rampolli dei clan.

Queste le condanne, nel dettaglio: Andrea Morelli 20 anni; Cosimo Morelli 20 anni; Fabio Morelli 12 anni; Domenico Nucera 20 anni; Salvatore Falduto 20 anni; Francesco Ferrante 20 anni; Fabio Vittorio Minutolo 20 anni; Attilio Buontempone 12 anni; Michele Panetta 8 anni; Giuseppe Pecora 7 anni e 4 mesi; Fabio Caccamo 7 anni e 4 mesi; Fabio Puglisi 10 anni e 8 mesi; Francesco Barbaro 6 anni e 4 mesi; Enrico Barcella 14 anni; Mino Berlingeri 2 anni; Paolo Cosoleto 1 anno; Bruno Antonino Crucitti 1 anno; Basilio Cutrupi 7 anni e 4 mesi; Bruno Magazzù 4 anni; Giovanni Magazzù 14 anni; Egidio Morabito 1 anno; Antonino Marino Morabito 1 anno; Mostafa Nkairi 3 anni; Carmine Surace 2 anni; Francesco Condello 8 mesi.

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L'indagine scaturisce dalla volontà degli inquirenti di contrastare la serie di reiterate aggressioni, risse ed intimidazioni che hanno funestato le recenti estati reggine, turbando la serena e la libera frequentazione serale dei locali d'intrattenimento (specie quelli stagionali avviati sul lungomare cittadino). Si è trattato di una serie di episodi che hanno visto per protagonisti giovani leve della ndrangheta reggina che, evocando la loro appartenenza a storici casati della 'Ndrangheta originaria del quartiere di Archi, hanno inteso proporsi quale gruppo dominante della scena serale e notturna della città, intimidendo o aggredendo chiunque non riconoscesse loro siffatto ruolo.

L'attività d'indagine, coordinata dai pm Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Sara Amerio e Giovanni Gullo, avrebbe consentito di accertare come esponenti di primo piano della cosca Condello avessero assunto la gestione monopolistica dei servizi di "Buttafuori" presso i principali locali d'intrattenimento serale e notturno della città di Reggio Calabria.

Gli indagati, attraverso la gestione di tale servizio, non solo traevano il profitto conseguente al suo esercizio monopolistico ma lo sfruttavano anche quale volano del metodo intimidatorio, caratterizzante l'operato della 'Ndrangheta, sino al punto da ferire a colpi d'arma da fuoco, a distanza di alcune ore e dopo averlo ricercato per la città, un avventore di un locale che aveva messo in discussione la loro autorità criminale. E' il caso, verificato dagli agenti della Squadra Mobile, del ferimento di Andrea Facciolo, avvenuto all'alba del 29 agosto 2015 nei pressi del Bar "Snoopy". Con lo sviluppo delle investigazioni, è stato accertato come, sfruttando la gestione capillare del servizio di buttafuori, alcuni sodali avessero avviato un fiorente traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) strutturando una stabile organizzazione criminale, caratterizzata da una ramificata vendita al dettaglio, operante sia nei locali notturni, in cui si erano infiltrati grazie alla predetta gestione del servizio di buttafuori che in alcuni punti della città. L'indagine permetteva di individuare un'attività di spaccio posta in essere nella zona di Viale Manfroce - Ponte della libertà e gestita principalmente da Vincenzo Ferrante che si avvaleva della collaborazione di fidati collaboratori quali Antonino Saladino e Giovanni Magazzù. Le intercettazioni svelano il canale di Ferrante per l'acquisto ed il taglio della sostanza stupefacente da smerciare, individuato per l'appunto in Fabio Puglisi, addetto tra l'altro alla custodia della "bianca" da consegnare a Vincenzo. Il 18.05.2016 Saladino veniva trovato in possesso di 9 grammi di marijuana. Il 18.06.2016, invece, a seguito di perquisizione domiciliare presso l'abitazione di Puglisi, venivano rinvenuti gr.18,133 di cocaina e gr.282,238 di marijuana. Nel corso della perquisizione venivano altresì rinvenute compresse di "Mylicon" utilizzate per il taglio della sostanza stupefacente.

I collaboratori di giustizia Mario Gennaro e Vincenzo Cristiano forniscono solo un ulteriore riscontro a quanto già raccolto dall'attività di intercettazione disposta dai pm Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Sara Amerio e Giovanni Gullo: il servizio di "sicurezza", i cosiddetti "buttafuori", nei locali della movida reggina era appannaggio della cosca Condello, tramite diversi giovani intraprendenti guidati da Domenico Nucera e Fabio Minutolo, tra 15 fermati dell'inchiesta "Eracle", curata da Polizia e Carabinieri.

Una delle caratteristiche tipiche e fondanti l'associazione a delinquere di stampo mafioso è la capacità di sprigionare un'intimidazione diffusa che garantisce ai partecipi una straordinaria capacità di assoggettamento socia le ed omertà. Attraverso questa modalità operativa tipica la 'ndrangheta si infiltra nei sistemi economici, di cui tende ad acquisire il controllo.

Una guardiania di nuova generazione gestita da Paolo Tripodi (già detenuto) e da Mico Nucera anche tramite Fabio Vittorio Minutolo e Michele Panetta. In particolare, Minutolo è l'uomo immediatamente sottoposto a Nucera insieme a Panetta, mentre altri componenti dell'organizzazione, Fabio Caccamo, Basilio Cutrupi e Giuseppe Pecora rivestono un ruolo quasi impiegatizio, ulteriormente sottordinato rispetto a quello di Minutolo. Un ruolo mediano tra il quadro Minutolo ed

Tale gruppo dei buttafuori arruolati e gestiti da Nucera, altro non è se non una promanazione delle cosche di 'ndrangheta egemoni nella città ed originarie del rione di Archi. che mediante la presenza capillare sul territorio perpetuano ed, ove occorra, ristabiliscono lo stato di intimidazione c le condizioni di assoggettamento e di omertà. reprimendo con violenza ogni azione che possa minarne la credibilità. Circostanza confermata tanto da Mario Gennaro, coinvolto nell'inchiesta "Gambling" sul gioco d'azzardo illegale, quanto da Vincenzo Cristiano, considerato intraneo alla 'ndrangheta di Villa San Giovanni e dintorni prima di scegliere di collaborare con gli inquirenti.

Un'azione di controllo del territorio, ma anche, ovviamente, di introito economico nei locali frequentati dalla "Reggio bene".

Proprio in tale contesto si colloca l'aggressione ad Andrea Facciolo, Giuseppe Postorino, Francesco Salvatore Giambelluca e Alessandro Caminiti, avvenuta all'alba del 29 agosto 2015, proprio a opera del gruppo di "buttafuori" di Mico Nucera, armato di pistola: i quattro ragazzi di Gallico hanno scontato l'ingiusta. quanto sproporzionata, reazione degli odierni indagati unicamente perché l 'amico Marco Postorino, con cui avevano trascorso la serata all'interno del "Niu Beach Garden" (locale estivo presente sul lungomare Falcomatà). per questioni bagattellari aveva sferrato uno schiaffo all'organizzatore della serata, il celeberrimo Nick Maltese. La ragione dell'aggressione non è consistita certamente nella lesione dell'onore di Maltese quanto nel fatto che Postorino si sarebbe permesso di aggredire l'organizzatore della serata all'interno di uno dei locali in cui prestavano servizio di sicurezza gli indagati e che. successivamente. non avrebbe inteso riconoscerne l 'autorità criminale. In sostanza, Postorino, avendo aggredito Maltese all'interno di un locale nell'egemonia degli indagati, ne avrebbe minato pubblicamente la credibilità, unitamente a quella della compagine criminale di riferimento.

Per questo i ragazzi vengono selvaggiamente pestati e Facciolo ferito anche da un colpo di pistola.

Un'azione punitiva e dimostrativa verso chi si sarebbe permesso di mettere in dubbio il dominio incontrastato all'interno dei locali della movida reggina dei componenti del gruppo della security e delle famiglie mafiose di cui erano promanazione. Anche da tale comportamento, gli inquirenti traggono l'esistenza del gruppo criminale organizzato secondo gli schemi delle associazioni mafiose, in grado di controllare il territorio e di reprimere in modo violento ogni atto di opposizione.

Le indagini avrebbero accertato come Mico Nucera già nel giugno del 2013 avesse illegalmente costituito un'agenzia con cui gestiva l'erogazione dei servizi di ordine e sicurezza per la maggioranza dei lidi cittadini e di altre attività commerciali. servendosi di personale privo dei requisiti legali e professionali. Dall'analisi dell'attività tecnica autorizzata nell'ambito del presente procedimento penale si aveva modo di addivenire ad un servizio di "sicurezza" ("buttafuori"}, operante presso alcuni dei principali lidi che sorgono nel periodo estivo nella parte bassa del Lungomare Falcomatà di Reggio Calabria. Un servizio del tutto illegale, poiché posto in essere senza rispettare la normativa vigente. Questi, infatti, provvedeva a reclutare, collocare, spostare e, comunque, ad impartire ordini a ragazzi che, di sera in sera, reclutava per effettuare il servizio di vigilanza presso i lidi "Arribba", "Miramare", "Calajunco", "Alicante", ma anche "Niù" e "Net1".

Già nel luglio 2013 si avrebbe la conferma che era proprio Nucera a gestire il "servizio d'ordine" fornito ai vari "lidi" presenti sul lungomare Falcomatà. Ciò lo si deduceva dai contatti telefonici e dai messaggi scambiati tra quest'ultimo e Fortunato Caracciolo, comunicandogli che avrebbe dovuto svolgere il servizio presso il lido "Arribba". Alla risposta non proprio professionale di Caracciolo, Nucera si innervosiva a tal punto da esclamare:" ... omissis ... ma che vuoi dire non sai? Che vuole dire no sai? Nato! Sei pagato per stare li ... ... omissis ... ", rafforzando l' idea secondo cui fosse proprio lui a gestire in tutto e per tutto i servizi di sicurezza privata dei vari lidi senza avere alcun titolo per farlo. In un'altra intercettazione, un soggetto, tale Lorenzo Monteleone, parla con tale Gaetano Tomo: questi candidamente dichiara di lavorare il venerdì ed il sabato sera come buttafuori presso i lidi "Arribba" o "Mirablu" senza aver alcun documento autorizzativo per svolgere la predetta attività. Monteleone affermava: " ... omissis ... lavoro io che sono pregiudicato ... omissis ... ". Questo dialogo confermava ulteriormente la tesi fin qui sostenuta, ovverosia che il servizio di "buttafuori", posto in essere presso alcuni lidi del lungomare di Reggio Calabria, veniva gestito da Nucera in maniera del tutto illegale, sia perché le persone che lo svolgevano non avevano titolo per farlo, sia perché la gestione dello stesso veniva effettuata con metodologie proprie delle associazioni criminali. Nucera, infatti, proprio avvalendosi della forza d'intimidazione derivante dall'appartenenza al suddetto sodalizio criminale, ha imposto ai proprietari dei lidi di usufruire di un servizio di sicurezza che certamente non poteva garantire quegli standard di professionalità necessari a garantire sicurezza ed incolumità pubblica. Obbiettivi secondari e contrapposti a quelli prefissati dal Nucera e dai suoi collaboratori il cui unico fine era quello di ottenere facili guadagni, imponendo, anche in questa circostanza, la supremazia della cosca di riferimento sul territorio ave sorgono le predette attività commerciali. Nucera, facendosi forte della propria caratura criminale ed intraneità alla cosche originarie del territorio di Archi, avrebbe quindi imposto agli imprenditori di fare ricorso ai propri uomini per l'espletamento di tale servizio, in tal modo garantendosi un controllo quotidiano ed una presenza capillare presso i locali ove si svolgeva la movida reggina, ponendo in essere condotte tipicamente riconducibili alle forme di manifestazione delle associazioni mafìose.

La condizione di assoggettamento dei titolari delle attività di intrattenimento, nel suo massimo livello, è plasticamente rappresentata dalla circostanza che il gestore del "NIU Beach Garden", non so lo ha richiesto alla Prefettura l'autorizzazione all'esercizio del servizio di ordine e sicurezza nell'interesse di Michele Panetta, ma, soprattutto. dopo che tale autorizzazione è stata negata, ha comunque impiegato stabilmente Panetta.

L'8.06.2016 vi sono delle importanti conversazioni che fanno comprendere l'interessamento anche di Domenico Tegano, figlio del boss Pasquale Tegano, in questo tipo di attività. Tegano, approfitterà della sua"collaborazione" criminale con Nucera per poter portare avanti gli interessi suoi e dei propri uomini all'interno dei lidi estivi.

Dalle conversazioni appare evidente come Panetta, svolga attività di buttafuori al lido "Net1", circostanza confermata anche dal servizio di osservazione da parte della polizia giudiziaria.

Il dato che è emerso è altresì quello inerente le "convocazioni" a lavorare, che in questo caso avvengono da parte di Minutolo, altro appartenente al gruppo di buttafuori gestito da Domenico Nucera e che, da verifiche effettuate, non risulta avere i requisiti per poter svolgere questo tipo di servizio. Esplicita, infine, la dichiarazione di Vincenzo Ferrante, considerato organico alla famiglia Stillittano, il quale non si limita soltanto nell'individuare Mico Nucera come gestore dei buttafuori, "I buttafuori ce li ha Mico Nucera ora ... Con Fabio .. '~ ma identifica il servizio di sicurezza come un qualcosa che gli appartiene, "Tutti i nostri sono", indubbiamente ad indicare non la compartecipazione nella gestione ma piuttosto nella compagine criminale.

Secondo quanto riferito dagli inquirenti, l'organizzazione avrebbe di fatto impedito alla nota gelateria "Cesare" di allargare la propria attività, danneggiando il locale che il proprietario del chiosco voleva affittare. Sul lungomare e dintorni, comandavano loro. Movida e mercato della droga erano nelle mani dei giovani rampolli di 'ndrangheta. Proprio per questo motivo, la Dda ha deciso di intervenire con un provvedimento urgente di fermo. Ora, rispetto ai 15 fermi operati alcuni mesi fa, a rischiare il processo sono ben 43 persone, che hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Ruolo centrale quello di Domenico Nucera, presenza assidua della pizzeria "Mirablù", ubicata nel centro città, a pochi metri dal Museo Archeologico della Magna Graecia. L'intuizione investigativa premia poiché permette di riscontrare in primo luogo un'effettiva intestazione fittizia della pizzeria "Mirablù", luogo di ritrovo per numerosi esponenti dello schieramento Condelliano, formalmente intestata a Natale Antonio Canale e di fatto gestita da Domenico Nucera, compagno della figliastra di Canale. Locale che l'intervento dell'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro. Nucera intratteneva buoni rapporti di amicizia Domenico Tegano, figlio del Boss Pasquale Tegano, che sovente veniva notato presso i locali della pizzeria nonché sull'autovettura in uso Nucera stesso, palesando un indubbia commistione tra i membri di cosche storicamente contrapposte. Il controllo del territorio da parte di Nucera e dei suoi consociati si traduceva anche nell'impiego di alcuni individui nell'attività di "buttafuori" presso alcuni locali della città di Reggio Calabria. Il contesto "Buttafuori" deve intendersi come propria espressione della 'ndrangheta sul territorio; Nucera, con l'ausilio di alcuni dei ragazzi che, per suo conto, effettuavano il predetto irregolare servizio, a seguito di un litigio iniziato presso il lido "Ni'u", si rendeva responsabile del ferimento a colpi d'arma da fuoco di Facciolo, incensurato di Reggio Calabria, occorso alle prime luci dell'alba del 29 agosto 2015 nei pressi del Bar denominato "Snoopy".

Un controllo sulla movida reggina, capace, per diversi mesi, di eludere i controlli delle forze dell'ordine, dato che, nei vari blitz effettuati, l'agenzia clandestina si dileguava, confondendosi tra i clienti e lasciando spazio ai "buttafuori" ufficiali e in possesso di regolare licenza. A proposito di clandestinità: Nucera era un assiduo frequentatore della stalla della cosca Condello, per il conto della quale "scuderia" effettuava ripetutamente corse clandestine sullo scorrimento veloce Gallico-Gambarie, documentate dalle telecamere degli investigatori. Lo stesso impartiva anche disposizioni sui farmaci da somministrare ai cavalli per migliorarne le prestazioni. Da buttafuori a veterinario il passo è breve, con l'organizzazione delle corse all'alba, con tanto di scommesse clandestine sulle gare dei calesse trainati dai cavalli.

Gli inquirenti avrebbero, poi, accertato come taluni protagonisti di tali dinamiche criminali, fossero anche autori di inquietanti, specifici episodi di estorsione, rapina ed altri reati che hanno minato la serenità ed il tranquillo vivere civile della popolazione cittadina. Inquietante come la vicinanza di gruppi di etnia rom alla 'ndrangheta: l'indagine, infatti, ha consentito di disarticolare la dirigenza di un numeroso e pericoloso sottogruppo criminale, inserito nella cosca Rugolino ed avente come base operativa il quartiere di Arghillà, con a capo i fratelli Cosimo, Fabio d Andrea Morelli. Il sottogruppo operava nel settore dei furti di autovetture, nelle abitazioni ed altri reati predatori come gli scippi, nel traffico di stupefacenti; lo stesso era dotato di una ingente disponibilità di armi da fuoco che lo aveva reso punto di riferimento anche per altre compagini criminali della zona. Le attività tecniche poste in essere permettevano di rilevare come gli associati avessero una reale e concreta disponibilità di armi come acclarato il 19.12.2016 in occasione di una rapina perpetrata da Bruno Magazzù presso il "Center Stock" sito su Viale Calabria. Nell'immediatezza dei fatti veniva tratto in arresto Magazzù e recuperata la somma di 31.940,00 euro mentre il suo complice riusciva a darsi alla fuga con parte della refurtiva. Nel corso dell'indagine si riusciva si comprendeva che Nucera e Ferrante avessero piena consapevolezza di quanto occorso. Gli stessi, inoltre, provvedevano al sostentamento della famiglia di Magazzù ristretto in carcere. L'addetto al reperimento e al procacciamento delle armi per l'associazione era proprio Ferrante che, tramite Francesco Barbaro o Cosimo Morelli alias "Cocò", si adoperava alla sostituzione o all'acquisto delle armi in possesso agli associati sotto la supervisione di Nucera. In diverse conversazioni intercettate Nucera invitava Ferrante a prodigarsi per il procacciamento di nuove armi per "lavorare" e Ferrante riferiva a Barbaro"qualsiasi cosa capita, pure mitragliette..". Ferrante rassicurava Barbaro asserendo che aveva la disponibilità di denaro contante in quanto gli sarebbe bastato recarsi ad Archi a prendere il denaro necessario definendo pertanto una materiale assistenza economica delle famiglie "Arcote" al contesto associativo in essere. Lo stringente monitoraggio degli indagati e la volontà di approfondire la preoccupante diffusione di armi da fuoco tra i soggetti intercettati, ha consentito sia di individuare ulteriori esponenti della cosca Stillittano (i cui vertici erano stati tratti in arresto nell'ambito dell'indagine "Sistema Reggio") che di identificare individui alcuni fornitori di armi e munizionamento in favore di esponenti delle cosche cittadine. Importante, in tal senso, la figura di Ferrante che, in un primo momento, operava alle dipendenze di Nucera e successivamente, ritrovata la sintonia criminale con lo zio Domenico Stillittano, iniziava ad operare per conto del congiunto. L'avvicinamento allo "Zio Mico" e quindi l'interessamento di Ferrante per il sostentamento economico della famiglia dello zio, ristretto in carcere, provocava degli inasprimenti nel rapporto che lo stesso aveva con i fratelli Cosimo e Andrea Morelli, operanti nel territorio di Arghillà. A seguito degli insoddisfacenti rapporti tra Vincenzo e i Morelli, in particolare "Cocò", Ferrante chiedeva ausilio a Salvatore Falduto, storico affiliato della famiglia Stillittano dimorante proprio ad Arghillà, il quale si intrometteva per distendere la situazione indottrinando Ferrante sul forte legame tra lo "Zio Mico" e i fratelli, in particolare Andrea, con il quale aveva condiviso un periodo di detenzione nonché sul placet mafioso delle cosche di riferimento.

I Morelli, dunque, sarebbero una costola della 'ndrangheta, operante nel degradato rione Arghillà, periferia nord di Reggio Calabria. E, infatti, i malumori di Ferrante si inaspriscono il 29.08.2016 in occasione del furto di un'autovettura di proprietà di Gianpaolo Andrea Vazzana, cugino di Andrea Vazzana, storicamente affiliato alla famiglia di Pasquale Condello, "il Supremo". A seguito del furto Nucera, tramite Salvatore Falduto, interpella "Cocò" Morelli per riottenere l'autovettura; Ferrante, autonomamente, si inseriva nella vicenda e, recandosi presso l'abitazione di Morelli, innescava con lo stesso un'accesa discussione tanto da esternare propositi omicidiari nei suoi confronti. Nella medesima giornata Ferrante si rivolge anche a Enrico Giovanni Barcella, dipendente della ditta edile intestata alla moglie di Francesco Ferrante, per avere le armi della "famiglia" custodite, millantando con lo stesso l'avallo del fratello Francesco, senza ottenere però risultato. Nucera, temendo che la situazione potesse degenerare, interloquiva prima con Morelli e successivamente con Francesco Ferrante, fratello di Vincenzo, riuscendo a ricomporre il dissidio creatosi. L'attività d'indagine consentiva, inoltre, di acclarare il ruolo di interlocutore privilegiato che i fratelli Morelli (Cosimo, Andrea e Fabio) avevano assunto nel contesto delinquenziale reggino. Gli stessi, oltre all'approvvigionamento di armi per conto dei loro referenti, potevano contare su un corposo numero di loro fiancheggiatori che si sono resi protagonisti, di reati predatori in diverse zone della città.