Celebrata a Delianuova la Veglia Diocesana di Preghiera per le Vocazioni

Domenica 12 maggio, IV domenica di Pasqua, detta del Buon Pastore, in comunione con la Chiesa Universale, anche la nostra Diocesi ha celebrato a Delianuova, presso la Parrocchia Maria SS. Assunta, la 56.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, con una Veglia di preghiera presieduta dal nostro Vescovo, S.E Mons. Francesco Milito, ed organizzata, come ogni anno, dal Centro Diocesano Vocazioni e dal suo Direttore don Gaudioso Mercuri, fraternamente accolti dal Parroco di Delianuova don Emanuele Leuzzi e dalla sua comunità.

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La Veglia ha avuto come tema quello proposto, per questa Giornata, dall'Ufficio Nazionale per la Pastorale Vocazionale e veicolato dallo slogan " Come se vedessero l'invisibile" (Evangelii Gaudium, 150). Una frase che ci esorta a guardare la realtà, ad andare oltre le apparenze.

Durante la Veglia tutti hanno potuto sostare innanzi al Signore per pregarLo e adorarLo , per ascoltare la Sua Parola, meditarla, per interrogarsi ed interrogarLo, aprire il proprio cuore. Innanzi a Lui l'apparenza non conta, al Signore non interessa come siamo fuori ma come siamo dentro...Egli guarda al nostro cuore così come ha fatto scegliendo Davide (1Sam. 16, 6-12), e ci ama del suo infinito amore anche quando noi ci sentiamo inadeguati, inutili, non amati.

Inoltre, come anticipato da don Gaudioso nel suo saluto iniziale al Vescovo, sono state ascoltate alcune testimonianze vocazionali riguardanti la vita consacrata. Ogni vocazione, pur nella pluralità delle strade, richiede sempre un esodo da se stessi per centrare la propria esistenza su Cristo e sul suo Vangelo. Sia nelle forme di consacrazione religiosa, sia nella vita sacerdotale, sia nella vita coniugale e nella vita tutta occorre superare i modi di pensare e di agire non conformi alla volontà di Dio." Vocazione – ha detto Mons. Milito - è capire uno per uno quel disegno di Dio per la nostra storia personale". E per capire cosa il Signore vuole che ognuno di noi faccia c'è bisogno di preghiera, di quella preghiera in cui "quel rapporto preciso che esiste tra l'Eterno, Trinità, e l'Eterno che siamo noi per essere inseriti, si fa silenzio, adorazione, attesa, consiglio, spesso anche lotta[...] Per questo oggi – ha proseguito S.E. - la Chiesa prega in tutto il mondo, perché le chiamate da parte di Dio per tutti non restino senza risposta e non ci siano sordità interiori, cecità nella vita [...]".

E certamente è stata una risposta positiva quella di don Francesco Scutellà, un giovane sacerdote di origini deliesi che, incardinato nella diocesi di Firenze, è stato lì ordinato solo poche settimane fa. La storia di don Francesco è quella di un giovane che sembrava aver ben chiaro quale fosse il suo progetto di vita. Voleva studiare economia, laurearsi per poi lavorare e fare soldi ma questo ad un certo momento della sua vita non bastava. "Dentro sentivo una solitudine pazzesca – ha detto don Francesco – avevo toccato il fondo [...]. Mi rivolsi allora al Signore e gli dissi: io non so se Tu esisti ma se esisti tirami fuori da ciò che sto vivendo! E così ha fatto". Dopo gli studi universitari, già inserito nel Cammino Neocatecumenale, don Francesco ha sentito la vocazione al sacerdozio...il 4 ottobre del 2009 è quindi entrato nel Seminario fiorentino "Redemptoris Mater" dove si è formato negli studi filosofici e teologici. Negli anni della sua formazione don Francesco ha vissuto esperienze di missione in vari Paesi del mondo tra cui il Messico e la Cina dove è stato superando grazie all'aiuto di Dio ogni sua paura.

Una vocazione ancora all'inizio del suo cammino quella invece di Domenico Alampi, seminarista al secondo anno della sua formazione presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale "San Pio X" di Catanzaro. Proveniente dalla Parrocchia Santi Apostoli Pietro e Paolo di Taurianova, Domenico già da bambino pensava di voler seguire il Signore ma la sua passione per la musica lo spinse verso gli studi in conservatorio. Poi un'esperienza fatta con la famiglia dei Salesiani segnò l'inizio di un percorso di discernimento fino alla decisione di entrare in seminario nonostante il disappunto dei suoi genitori. Da quel giorno Domenico, non senza difficoltà, prosegue con gioia il suo cammino, quella stessa gioia trasmessagli dall'insegnamento di don Bosco.

Una testimonianza innamorata infine quella di suor Tina Carbone, da molti anni impegnata nell'ambito della formazione, è oggi anche docente presso il Seminario di Catanzaro. Sr. Tina, di origini deliesi, è cresciuta vivendo a pieno la vita della sua parrocchia dove, guidata da don Bruno Cocolo di v.m., ha vissuto un lungo periodo di discernimento, iniziato quando aveva 17 anni e durato circa dieci anni fino a quando, pienamente convinta della propria vocazione ha lasciato il suo paese per entrare nella Congregazione delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret."Era l'ottobre del 1991 e da allora – ha detto Sr.Tina - sono trascorsi 28 anni di comunità e di scelta religiosa e sono immensamente grata a Dio di questo cammino". Di Sr. Tina, colpisce la sua semplicità e l'amore profondo verso Cristo, il Risorto! Un amore che traspare nei suoi occhi e nelle sue parole che arrivano dritte al cuore commuovendo tutti quando per concludere la propria testimonianza ha utilizzato una poesia molto bella di un poeta inglese del 600, George Herbert, che ha come titolo "Amore" e che, nel suo ultimo verso, così recita: «Bisogna tu sieda», disse l'Amore «che tu gusti il mio cibo». Così mi sedetti e mangiai. E quel cibo è Gesù!

Nella testimonianza di Sr. Tina, così come nelle precedenti, ben traspare quanto detto dal Santo Padre nel suo messaggio per la Giornata: seguire Gesù significa avere il coraggio di rischiare, di mettersi in gioco, di non lasciarsi scoraggiare dagli ostacoli e dalle paure. Significa saper esprimere la propria gioia continua e quotidiana per aver scelto di abbandonarsi alla volontà di Dio. Significa cercare di rendere in qualche modo visibile la bellezza dell'invisibile. Anche questo infatti fa parte della chiamata: chi è chiamato diventa a sua volta segno per coloro che Dio chiama.

L'invisibile che diventa visibile...sembra quasi un controsenso.

"Nella lingua italiana - ha spiegato il Vescovo durante la sua meditazione - come se vedessero l'invisibile è una figura retorica che si chiama ossimoro cioè l'avvicinarsi di due parole tra di loro opposte. Un silenzio assordante, un mutismo eloquente...Se una realtà è invisibile come la vediamo?" Una realtà che rende molto bene questo concetto è, come detto da S.E., quella dell'icona. "Il Dio invisibile si è fatto visibile in Gesù Cristo. Dunque Dio, invisibile, può essere attraverso Lui rappresentato ma resta sempre una realtà diversa dalla nostra [..].L'arte ci ha insegnato che l'invisibile può essere rappresentato...tanti Cristi, tante Madonne, tanti Santi sembrano quasi tristi o distanti ma in realtà non è così. È quello che l'uomo riesce a dare della divinità con le sembianze esterne. E ciò vale per la storia dell'arte ma anche per noi. Dovremmo camminare nel mondo in modo visibile perché chi ci vede è come se vedesse l'invisibile. E questo è verissimo e capita spesso. Noi accanto a persone veramente di Dio – ha continuato Mons. Milito - avvertiamo impercettibilmente, ma sicuramente, una presenza diversa [...]. Abbiamo questa grossa responsabilità: vivere in pienezza il nostro essere affinchè chi ci vede veda, attraverso il nostro visibile, l'invisibile". Il Signore ci fa incontrare nella vita persone che rendono questo possibile..." poi le persone come sempre il Signore le usa come un'impalcatura quando si costruisce una casa: c'è bisogno di avere un'impalcatura altrimenti gli operai non possono mandar su, in altezza, una casa. Poi l'impalcatura si toglie e la casa resta".