La rivelazione della dipendente del Comune di Reggio Calabria sull'interdittiva antimafia alla ditta della cosca Labate

reggio palazzosangiorgio150416di Claudio Cordova - Tramite uno degli affiliati, Paolo Falco, la cosca Labate e – in particolare Pietro Toscano, considerato tra gli elementi apicali del clan del Gebbione – poteva vantare conoscenze all'interno del Comune di Reggio Calabria, per informarsi sull'andamento delle pratiche, ma anche per ottenere notizie che sarebbero dovute rimanere riservate. Come quella rivelata dalla dipendente Antonella Messina, colpita da un'interdittiva professionale nell'ambito dell'inchiesta "Cassa continua", coordinata dalla Dda ed eseguita dai carabinieri di Reggio Calabria.

L'importanza del ruolo di Paolo Falco si ricava nitidamente dalla conversazione del 13 ottobre 2013, allorquando Antonella Messina informava Pietro Toscano della emissione della informativa interdittiva antimafia nei confronti della "Croce Granata". In quella data era ancora in corso la procedura amministrativa per l'apertura della nuova ditta. La Messina metteva in guardia Pietro Toscano del pericolo che qualcuno potesse collegare la Croce Amaranto a lui ("Vedi che forse l'hanno collegata lì, vedi che non abbiano fatto collegamenti") e, al contempo, gli suggeriva di mandare Paolo Falco presso gli uffici del Comune per informarsi sull'andamento della pratica ("Lì, dove è venuto Paolo. Lì sopra. Gli devi dire a Paolo di venire là"). Dalle successive parole della donna si comprendeva che Paolo Falco era stato da lei presentato ad un altro dipendente del Comune che non avrebbe esitato a dargli le informazioni che gli servivano ("Perchè tanto ormai Paolo conosce pure a quel ragazzo"; "Viene e chiede informazioni"). A detta della donna era importante che Paolo Falco si attivasse velocemente, così da poter adottare - in caso di informazioni preoccupanti - le contromisure necessarie per sviare le indagini ("Passa, manda a Paolo. In modo che se c'è qualcosa puoi attivarti per.. per..."). Paolo Falco dimostrava di conoscere bene Antonella Messina, tanto da definirla "amica" ed essere a conoscenza dell'ufficio in cui lavorava ("si, non è nelle licenze però.. è amica la, è sempre là"). Dalle successive battute emergeva che Paolo Falco si era occupato dell'intera procedura amministrativa, essendo in grado di spiegare nel dettaglio tutti i relativi passaggi ("per adesso perchè.. poi mi deve rilasciare, mi ha lasciato la SCIA.. mi ha rilasciato una SCIA ora mi deve rilasciare"; "la licenza., mezza licenza., fai finta che hai mezza licenza nelle mani, ora c'è la SCIA del trasporto che la devo fare sempre la"; "SCIA è.. sono documenti che tu hai ...(inc)... alla camera di commercio la partita iva, eh.."; "la SCIA sono., sono i documenti per fare, per avere, per ottenere la licenza a nome di tuo figlio"; "ora mi deve rilasciare la SCIA del trasporto, cioè dove mi dice "puoi andare a registrare").

Il 13 ottobre 2017 la Prefettura di Reggio Calabria emetteva informativa interdittiva antimafia nei confronti dell'impresa "Croce Granata", notificata a Francesco Toscano (figlio di Pietro) il 30 novembre 2017 presso la Casa Circondariale. di Arghillà.

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Tuttavia, il provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria veniva già comunicato a Pietro Toscano dalla "dipendente infedele" (così viene menzionata nelle carte d'indagine) Antonella Toscano. La donna, il giorno stesso della emissione, si precipita presso la sede dell'agenzia funebre di Via Gebbione a Mare per riferire quanto appreso nell'esercizio delle sue funzioni. In particolare, un uomo (successivamente identificato in Demetrio Cassalia, marito di Antonella Messina) si presentava presso la sede dell'agenzia, invitando Pietro Toscano ad uscire fuori perché la moglie aveva un'informazione di comunicargli ("Ciao.. c'è... ti vuole dire una cosa mia moglie"). E' evidente come quell'uomo fosse consapevole della riservatezza della notizia che la moglie doveva comunicare e, temendo di essere intercettato all'interno dell'ufficio, preferiva parlare per strada ("Ma forse non è meglio se parliamo fuori"). Pietro Toscano preferiva parlare all'interno dell'ufficio e invitava l'uomo a fare entrare la moglie all'interno. La donna, per evitare che qualcuno potesse vederla, aveva finanche evitato di scendere dalla macchina ("Sì ora la faccio scendere. Non sapevo se c'eri tu"). Una volta entrata nell'ufficio, la donna avvertiva Pietro Toscano che era stata emessa l'informativa interdittiva antimafia nei confronti della ditta "Croce Granata" ("Vedi che oggi è arrivata l'interdittiva"; "l'interdittiva dalla Procura"). La donna era anche a conoscenza del fatto che Pietro Toscano aveva avviato la pratica amministrativa per l'apertura della nuova ditta ("Pietro quella richiesta che avete fatto lì fuori ...inc... per l'apertura lì _Mori") e temeva che la predetta informativa antimafia potesse essere di impedimento per il buon esito della procedura ("Che non.., non te la danno"; "Perchè è arrivata la cosa di Francesco"). Pietro Toscano faceva notare alla donna che la nuova richiesta non era stata avanzata a nome di Toscano, bensì a nome di Laurendi, ma l'impiegata comunale era evidentemente ben consapevole del fatto che la procedura per l'apertura della nuova ditta era stata avviata nell'interesse di Pietro Toscano. La donna reputava che, seppure il nome di Pietro Toscano non figurasse nella nuova ditta, l'informativa interdittiva antimafia avrebbe potuto comunque incidere negativamente ("...inc... dovevi fare forse il trasferimento, perchè questa è arrivata l'interdittiva"; "E' arrivata in seguito alla richiesta di apertura là"). Era opinione della dipendente infedele che in Prefettura vi fosse il sospetto che Pietro Toscano intendesse continuare ad operare tramite la nuova ditta che era in procinto di essere aperta ("Vedi che forse l'hanno collegata lì, vedi che non abbiano fatto collegamenti ...inc..."). A questo punto, Pietro Toscano ("Ma questa interdittiva antimafia, per me, per Francesco, ma chè è? solo per me? Quante ditte ci sono di onoranze funebri"), la dipendente infedele ("quante ne stanno arrivando, lascia stare...") e il marito ("stanno facendo piazza pulita"), con tono polemico, criticavano l'emissione delle informative interdittive della Prefettura. Pietro Toscano reputava ingiusto che altre ditte, anch'esse riconducibili alla criminalità organizzata, continuassero ad operare ("Ma dico... e gli altri che fanno? tengono aperti?"; "Devono chiudere tutti allora"), domandando in modo provocatorio se lui fosse l'unico mafioso ("cioè io devo chiudere per l'interdittiva antimafia.. quindi il mafioso a Reggio sono solo io?"; "I Battaglia.. con Zampaglione ...inc... l'interdittiva antimafia, Solo io ho l'interdittiva antimafia?"). La Messina, nel rispondere a Pietro Toscano, spiegava che in alcuni casi le intestazioni fittizie non venivano scoperte, mentre in altri casi si procedeva a specifici controlli ("Aspetta... sai che cos'è? Finchè provi a fare un'altra comunicazione, a volte non li controllano però, anche se poi li controllano perché hai visto quanti ne stanno chiudendo"). Prima di andare via, la donna rappresentava a Pietro Toscano che aveva saputo della interdittiva e che aveva reputato opportuno avvertirlo prontamente, così da consentirgli di prendere eventuali provvedimenti ("Siccome, mi è capitato di scaricare lì e guardare, meglio che lo sai e che ti regoli").

Secondo gli inquirenti, la dipendente del Comune, recandosi prontamente presso l'agenzia, aveva dimostrato di nutrire una profonda riverenza per Pietro Toscano, rapportandosi a lui come ad un'autorevole personalità. Ed invero, nonostante il grandissimo rischio che la donna aveva corso nel dare quella informazione, la stessa si scusava con Toscano per avergli arrecato disturbo, atteggiamento indicativo di uno straordinario carisma criminale ("Quindi... scusami se sono passata"). La preoccupazione che la Prefettura avesse collegato l'interesse dei Toscano all'apertura della nuova ditta "Croce Amaranto" era tale da ingenerare in Antonio Laurendi il timore di essere arrestato ("nella cosa brutta dobbiamo sperare che non sia stata fatta l'interdittiva antimafia nella conseguenza di là.."; "e ci arrestano ...inc.."). Secondo Antonio Laurendi l'emissione della interdittiva antimafia da parte della Prefettura era stata determinata dal rinvenimento della armi nell'abitazione. di Pietro Toscano ("Pietro, se stanno colpendo in tutti i modi... se ti fanno l'interdittiva, è perchè ti hanno preso sott'occhio, giusto?"). Ed invero, a detta di Laurendi, il disconoscimento della armi da parte di Pietro Toscano non poteva essere ritenuto credibile, posto che le stesse erano state trovate e sequestrate nella sua abitazione ("tu sapevi, vieni, dentro... sono a casa tua, vieni entra!" dicevi "non sono le mie sono di mio figlio" "ma intanto sono a casa tua" ... inc...").

Resta, quindi, il comportamento da parte della dipendente comunale Messina e del marito Cassalia. I coniugi sarebbero stati pienamente consapevoli dell'illiceità del loro agire, tanto da avere inizialmente provato a comunicare la notizia fuori dell'ufficio di Pietro Toscano. Antonia Messina, per paura di essere vista parlare con Pietro Toscano, aveva evitato finanche di scendere dall'autovettura. Che sia stato per la paura di essere intercettata dentro l'agenzia di onoranze funebri (come del resto è effettivamente avvenuto) o per quella di essere notata da terzi all'interno della stessa, la Messina sapeva delle gravissime conseguenze giudiziarie e disciplinari in cui poteva incorrere.

E per gli inquirenti il rischio che correvano i coniugi doveva ragionevolmente essere compensato dal conseguimento di un corrispondente vantaggio. E ciò non poteva che essere l'occasione di accreditarsi con il boss del loro quartiere, così da beneficiare in seguito della sua autorità in caso di bisogno.

Anche perché, le informazioni non erano affatto di poco conto.

Era stesso Pietro Toscano a riconoscere il merito di Antonella Messina per avergli dato quelle preziose informazioni ("Meno male che è venuta per dirmi questo fatto, altrimenti gli mettevo nel!' insegna Toscano e me la mettevano in culo").