La testimonianza di Angela: sopravvissuta all’ignoranza e a 16 coltellate

battagliaangeladi Valeria Guarniera - "Sono viva per miracolo". Sedici coltellate. Sedici, all'addome, al torace, al collo. Sedici coltellate mentre Angela chiedeva perché al suo aguzzino, il suo ex fidanzato, e pregava di non morire. Ma lui insisteva, le intimava di stare zitta, mentre con una violenza inaudita e crescente infieriva su un corpo che lui, solo lui, voleva possedere: "Non puoi essere di nessun altro". L'aggressione, le coltellate, il tentato suicidio e poi l'arresto: Giuseppe Gambettola, 30 anni, di Gioia Tauro è il simbolo di quella voglia di possesso che porta alcuni uomini a sentirsi padroni di un corpo, assassini in ogni caso dell'anima, in diritto di decidere se, quando, come e con chi "la loro donna" dovrà vivere, o sopravvivere.

E non è follia. Che nessuno parli di gesto improvviso per il "troppo amore". Qui l'amore non è contemplato, non c'è spazio per i sentimenti puri. E' violenza, nient'altro che violenza. Bassa, infame, vigliacca, insensata, immorale, prepotente violenza.

Angela Battaglia, una ragazza qualunque di 24 anni che lo scorso 9 dicembre è quasi morta. Ed è rinata. Nel suo cognome un destino: quella battaglia che, suo malgrado, si è trovata a combattere. E a vincere. Ieri, nell'ambito delle iniziative di "Civitas, Percorsi Possibili di Legalità", davanti ad una platea di giovanissimi studenti, con la voce flebile a causa dei danni provocati dalle coltellate, ha lanciato un messaggio di lotta e resistenza: "La donna và rispettata, non è un oggetto da possedere".

Quei segni sul collo non li vuole nascondere. E la foto non è oscurata per una scelta comune: Angela è timida, si imbarazza un po' quando si rende conto che ciò che le è accaduto è ormai di dominio pubblico, ma vuole mostrarsi, perché lei non ha nulla da nascondere, niente di cui vergognarsi. Sguardo fiero, postura composta, ogni tanto beve un sorso d'acqua, prova a smorzare la tensione che avverte dentro di sé per la responsabilità inaspettata dell'esser diventata un simbolo e ascolta con attenzione gli interventi dei ragazzi dell' I.T.E. "G. Ferraris" che tra video, canzoni e riflessioni condivise, parlano di violenza contro le donne. "Sono felicissima di essere qui insieme a voi oggi dopo tutto quello che è successo. Io ce l'ho fatta e sono viva per miracolo. Ma dobbiamo ricordare sempre le tante donne che non ce l'hanno fatta". Sono 6 milioni 788 mila le donne che hanno subito qualche forma di violenza nella loro vita, lo rende noto l'Istat nell'indagine "La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia" relativa al quinquennio che include il 2014. A commettere le violenze più gravi sono proprio i partner attuali o gli ex compagni. 152 nel 2014; più di 90 nel 2015; 20 in questi quattro mesi del 2016: sono le donne uccise in Italia. Numeri, forse neanche troppo precisi, che nascondono storie; dati che non colmano il vuoto di un'assenza ingiustificata; statistiche che non rendono giustizia. "Ho avuto la forza di superare tutto e andare avanti. La mia esperienza è balzata agli onori della cronaca e il doloroso e cruento accaduto è diventato di dominio pubblico. Questo a volte mi imbarazza, ma mi riscalda il cuore, mi fa percepire l'affetto e la solidarietà del mio paese e di tutte le persone che mi stanno attorno". Angela non si è mai sentita sola, per fortuna: ha subìto una violenza fisica, sfociata nell'ira di quelle sedici coltellate, e ha trovato nell'affetto ricevuto la forza per andare avanti. Ma la violenza spesso è subdola, costruita nel tempo, e prima dello schiaffo – o insieme a quello – ci sono le umiliazioni, i ricatti, la voglia di isolare, la cattiveria di sminuire e annientare un ego provato e fin troppo fragile che fa fatica a chiedere aiuto. E nell'indifferenza di chi sa e fa finta di non sapere, nell'ignoranza di chi giustifica la violenza come un fatto privato che deve restare dentro le mura di casa o nell'insistenza di chi prova a dissuadere dall'idea della denuncia, i carnefici trovano il silenzio complice e necessario per andare avanti.

Ci sono donne che ancora oggi non denunciano, che subiscono nella speranza che le cose cambino. E ci sono uomini violenti, che non conoscono il rispetto e il significato vero della parola Amore. Ci sono i centri antiviolenza che a stento sopravvivono e le difficoltà legate ai procedimenti, civili o penali, che durano anni, con strascichi di sofferenza inevitabili. Ma c'è un grande lavoro che si sta facendo per portare alla luce un fenomeno che fino a poco tempo fa era sommerso e tanti vuoti legislativi sono stati colmati. C'è un ieri, disastroso; un oggi, colmo di aspettative, e un domani, tutto da scrivere.

Angela conclude rivolgendosi ai ragazzi, perché sappiano che la responsabilità del domani inizia oggi: "La mia testimonianza vuole essere un messaggio soprattutto rivolto ai giovani uomini, perché riflettano sull'importanza del rispetto nei confronti delle donne, madri, sorelle, fidanzate, amiche. Tale rispetto è dovuto nei confronti di ciascun essere umano e a maggior ragione nei confronti della persona che si dice di amare. E' il rispetto lo si impara a casa e tra i banchi di scuola. La donna và rispettata, non è un oggetto da possedere".

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