Reggio: la scuola vuole spostare di classe bimbo autistico. I giudici dicono no

scuolaelementaredi Angela Panzera - Nessuno tocchi quel bambino. Il Tar di Reggio Calabria accoglie il ricorso dei genitori di Cristian (nome di fantasia, ndr) un bimbo di soli 5 anni affetto da "disturbo dello spettro autistico", una grave patologia che lo ha colpito quando aveva all'incirca due anni e mezzo. La notizia era balzata sulla stampa locale, precisamente sul quotidiano "Il Garantista" nei mesi scorsi. Il Tar infatti, nel precedente giudizio cautelare, aveva dato ragione alla famiglia sulla collocazione di Cristian nella classe in cui erano iscritti i suoi compagni di infanzia. Quando è stato il momento di effettuare l'iscrizione in prima elementare la sua famiglia ha deciso di fargli frequentare l'istituto comprensivo statale "De Amicis-Bolani", ubicata nel centro di Reggio Calabria. La scelta di
iscriverlo in quella determinata scuola non è stata casuale. Lì l'avrebbero frequentata molti suoi compagnucci di infanzia, i suoi amici. E per un bambino affetto da una grave patologia, l'amicizia e i rapporti umani sono fondamentali. La "continuità" con quell'ambiente è prezioso, oltre che tutelata dalla legge. I genitori quindi avevano chiesto verbalmente al dirigente scolastico, Giuseppe Romeo, di poter collocare il proprio figlio nella classe insieme ai suoi amichetti di gioco.

Una richiesta più che legittima, ma evidentemente non per la dirigenza.

E infatti Cristian viene collocato in un'altra classe poiché a detta della scuola quell'altra era già al completo. I suoi genitori però, non si arrendono. Il loro figlio ha già sofferto abbastanza e non può vedersi, ancora una volta, privato delle cose più elementari ossia l'affetto dei suoi compagni. Nella nuova classe non
era a suo agio. Non conosceva nessuno, iniziava a lamentare di non voler più andare a scuola, ma soprattutto alle feste di compleanno i suoi nuovi compagni lo emarginavano perché a volte anche per gli altri bambini è difficile rapportarsi con i loro coetanei che soffrono di questa malattia. Ma la giustizia non emargina Cristian e ancora una volta gli dà ragione. Già la scorsa volta il Tar, accogliendo quanto invocato dal legale della famiglia di Cristian, Alfonso Zito, avevano ordinato alla dirigenza di collocarlo nella classe desiderata, anche se in sovrannumero. D'altronde se è presente un'unità in più in una classe non crolla il mondo, considerato che Cristian comunque viene seguito personalmente da un docente. Al rientro dalle festività natalizie finalmente il bambino viene collocato nella classe con i suoi amichetti; la scuola però si opporrà alla decisione del Tar e ricorrerà al Consiglio di Stato che comunque confermerà quanto deciso dal Tribunale amministrativo.

Adesso i giudici danno nuovamente ragione alla sua famiglia e mettono tutto nero su bianco nelle motivazioni depositate nei giorni scorsi. "Il quadro normativo-è scritto- unitamente alla concludenza dimostrata dalla documentazione sanitaria prodotta dalla parte ricorrente circa l'esigenza di preservazione in capo al minore, di un quadro certo e definito di situazioni relazionali con altri bambini con comunanza di percorso scolastico-relativamente alla scuola dell'infanzia- persuadono il collegio a confermare l'orientamento già espresso in sede di delibazione dell'istanza cautelare. Disattesa ogni opposta argomentazione, per come esposta dall'Avvocatura dallo Stato, ed escluso che i criteri- pur correttamente evocati, in linea di principio, dalla resistente Amministrazione- riguardanti la configurazione dell'ambito dimensionale delle classi in relazione al massimo di studenti in esse suscettibili di essere ammessi, possano dimostrare prevalente apprezzabilità rispetto alla piena espansione del diritto all'istruzione e all'assistenza scolastica in favore di soggetti affetti da così gravi disabilità della sfera relazionale, dispone il collegio l'accoglimento del presente ricorso". In buona sostanza non importa che la classe sia incapiente. Cristian è più importante. È più importante che lui stia lì con i suoi amichetti e la giustizia quindi autorizza la scuola a farlo stare in quella classe. È vero che il "De Amicis-Bolani" aveva "diritto" di opporsi nelle sede competenti a quanto deciso precedentemente e tutt'ora ha il "diritto"
di ricorrere al Consiglio di Stato. Ma forse non è meglio risparmiare questi soldi del giudizio ed impiegarli in cause più dignitose per l'amministrazione scolastica? Viviamo in una realtà dove le strutture necessitano continui interventi di edilizia, il personale è appena sufficiente, i materiali didattici sono principalmente a carico delle famiglie, non è più opportuno quindi che il "De Amicis-Bolani", attraverso il preside Romeo, abbandoni questa strada? Cristian non è un pacco postale che lo si può spostare a piacimento da una classe all'altra armeggiando sentenze e ricorsi.

Cristian è un bambino malato di soli cinque anni e lui ha diritto di stare dove meglio si trova. La scuola lo dovrebbe proteggere, non osteggiare. La scuola ha il dovere di stare vicino alle famiglie che vivono queste grandi tragedie. La scuola ha il dovere di aiutarlo nel suo cammino, di prenderlo per mano e accompagnarlo alla vita nel modo più sano ed educativo. La scuola avrà pure il "diritto" di opporsi nelle sedi giurisdizionali, ma dovrebbe avere il dovere etico morale di interrompere questa inutile battaglia. Inutile perché non giova a nessuno. Né all'istituzione scolastica stessa né tanto meno al bambino. È una partita giocata su un campo sbagliato, anzi su un campo in cui il "De Amicis-Bolani" rischia, oltre che a pagare le spese processuali, di fare una pessima figura. Adesso quindi si attende l'eventuale passo del preside Romeo.

Ricorrerà al Consiglio di Stato?

Speriamo di no. Nel frattempo si attende anche la convocazione, tanto strillata sugli organi di informazione, dall'Assessore regionale alla scuola, lavoro, welfare e politiche giovanili, Federica Roccisano che nei mesi scorsi aveva riferito alla stampa che avrebbe presto interloquito sia con la dirigenza che con la famiglia del bambino per trovare una soluzione. Allo stato dei fatti però dopo tre mesi l'Assessore Roccisano non ha convocato un bel niente. Sarà quest'altra sentenza a indurre la Regione a incontrare e a mediare con le parti? Si spera anche questo.